Sei vecchio
È il titolo del mio libro: lo trovi in libreria, e oggi ti regalo un piccolo spoiler
Ciao,
Io sono Vincenzo e questa è zio, la newsletter speciale.
Come va? Tutto apposto? Io benone: è appena uscito il mio libro, “Sei vecchio”, per la collana “Cronache” di nottetempo 🏄♂️
È una specie di espansione di questa newsletter, tenuta insieme però da un sottile filamento critico e politico: quindi parleremo di contenuti e tendenze digitali, ok, ma sarà anche il racconto di una generazione — la cosiddetta “Gen Z” — attraverso storie che colgono lo spirito del tempo più di quanto immaginiamo. E che rischiano di somigliare, talvolta, a delle distopie grottesche.
Lo puoi acquistare qui sul sito di nottetempo, su IBS, su MondadoriStore, su Amazon e su tutti i vari siti dove si comprano libri. E in libreria, chiaramente.
Comunque sia: per farti un regalo ho deciso di incollare qui sotto l’introduzione del libro. Se ti va, fammi sapere cosa ne pensi rispondendo a questa mail, beccandomi Instagram e Twitter, o magari iscrivendoti al canale Telegram — tutti posti da dove comunicherò poi le date delle varie presentazioni (che intanto trovi qui).
Buona lettura 🎻
“Ciao a tutti, mi chiamo Lyoncino e sono veramente un figo!” urla Lyon con voce insolitamente acuta, guardando fisso in camera come fosse il presentatore di un quiz televisivo. Il suo volto appare in un riquadro nell’angolo a sinistra, mentre in video scorrono scene tratte da Minecraft – un gioco da molti considerato “il più importante del decennio”, il cui scopo principale, per sommi capi, è raccogliere materiale e sopravvivere al cubico mondo circostante.
“Lyon”, Ettore Canu, è uno degli streamer italiani più noti della rete: fumettista e gamer con milioni di iscritti, da anni si barcamena tra Twitch e YouTube, da dove condivide lunghe sessioni di gaming e chiacchiere durante le sue dirette.
Stavolta lo fa con l’aiuto di un credibilissimo filtro speciale che gli cambia i connotati, e quasi lo fa sembrare un bambino di otto anni sia in viso che nella voce. Obiettivo della trasformazione: raggiungere gli amici nei loro mondi di Minecraft spacciandosi per Lyoncino, il fratello segreto di Lyon. “Oggi voglio diventare io la star del canale!”
La clip prosegue tra gli scherzoni del mini-Lyon e le reazioni esageratamente stupite dei gamer suoi amici: tosa le pecore degli altri senza averne il permesso, distrugge le loro case e le loro costruzioni, li insulta in modo infantile – “Ti faccio mangiare l’aglio, se non stai attento!” Tutti gli altri, uno a uno, dimostrano di cascarci senza farsi attraversare dal minimo dubbio: lo scambiano per un bambino indomabile, si schiantano di fronte ai suoi buffi tranelli, esasperano in modo quasi grottesco le loro reazioni. “No... no-non... non dirlo a tuo fratello!”
Ho trovato questo video da quasi un milione di visualizzazioni tra le “tendenze” di YouTube, una specie di classifica dei filmati più in crescita in un dato periodo. E mi ha fatto pensare a tante cose: alle candid camera, per esempio, e alle spesso fintissime, esorbitanti sceneggiate di chi scopre di esserne vittima. A Stanlio e Ollio, Benny Hill, e tutto quel tipo di intrattenimento oggi goffamente fuori tempo che affonda le sue radici nella nascita dei supporti video.
Ma anche al fatto che – nonostante la classicità dei caratteri da commedia – la presenza di scenari da gaming, e i riferimenti a una precisa categoria di universo digitale, non possono che rendere questi filmati un contenuto pensato principalmente per un certo tipo di pubblico: ultracontemporaneo, anagraficamente giovanissimo, in grado di comprenderne riferimenti e meccanismi.
A ben guardare, quindi, “Mio fratello fa uno scherzo ai miei amici su Minecraft!!” sembra proprio una puntata di Scherzi a parte piena di riferimenti alla modernità contenutistica online, ritoccata poi da una grossa mano di vernice generazionale. Un frammento di content fortemente moderno, pensato a uso quasi esclusivo della cosiddetta Gen z.
Da qualche anno, a più livelli, si sente parlare di “Generazione z”. La citano i media – rinforzando una narrazione spesso pigra e incapace di comprenderne le reali dinamiche – attraverso reportage inverosimili e titoloni apocalittici sui giovani “spenti” e “sfiduciati”. Ne discutono grandi brand e agenzie di comunicazione, nelle migliaia di slide inoltrate all’infinito via e-mail nelle quali si prova a tratteggiare il profilo di un gruppo anagrafico all’apparenza indecifrabile, se non attraverso qual- che grafico a barre.
Ci raccontano di ragazzi interessati alle istanze politiche del presente, ma anche fortemente disillusi. Di una generazione creativa, ma allo stesso tempo frustrata dall’inazione. Tutto e il suo contrario, con l’obiettivo di giustificare una tesi, un artico- lo, un piano marketing da mandare in campagna, con l’assillante pretesa di voler capire un gigantesco insieme di persone così appetibile per il mercato quanto – a prima vista – misterioso da interpretare.
Ma che senso ha parlare di generazioni?
Forse nessuno, se non statisticamente, tanto è complicato attribuire a un intero gruppo talmente variegato di persone un modo di essere, un trend, un’abitudine linguistica – così come appare un esercizio acrobatico qualificare qualcuno in base alla generazione cui apparterrebbe.
Eppure, al di là di svarioni e funambolismi retorici, una generazione a tal punto abituata a convivere con l’offerta contenutistica e comunicativa della rete, e accomunata da un certo tipo di consumo culturale, non può non spingerci ad analizzare le sue specificità, a loro modo uniche e talvolta inedite, rispetto a quelle di chi l’ha preceduta: si tratta della prima a essere davvero nata e cresciuta con internet, per esempio. Ma è anche la più scolarizzata di sempre, quella che in rete vive ormai gran parte delle sue giornate. Quella abituata per natura a fare quotidianamente i conti con centinaia, migliaia di input comunicativi.
A ben vedere, allora, si può provare a parlare della Generazione z – quella che comprenderebbe i nati fra il 1997 e il 2012 – soprattutto se ci si riferisce a essa come a un gruppo di giovani e giovanissimi che condividono lo stesso universo contenutistico, e che trova nell’intrattenimento e nelle produzioni online alcuni dei suoi fenomeni più rappresentativi e affini. E ha senso farlo oggi, in un momento in cui – dopo che per decenni lo hanno reso il loro parco giochi – “le piattaforme social più influenti non sono più pensate per i Millennial”, come spiegava Kate Lindsay su The Atlantic.
“Ora che siamo nell’era di TikTok” e che “cominciano a vedersi le crepe” di un vecchio panorama editoriale e comunicativo ormai in decadenza, rivoluzionato dalla nuova idea di giovinezza con cui la Gen z starebbe soppiantando quella che l’ha preceduta – come prosegue Michelle Santiago Cortés sul magazine The Cut.
E dunque: ingolosito dal tema, a fine 2019 ho lanciato una newsletter (zio, all’indirizzo zio.substack.com) con l’obiettivo di provare a capire la parte dell’internet abitata dai più giovani, quella per loro più rilevante; cercare di spiegare cosa guardano sui loro telefoni i ragazzi di oggi, e provare a immaginare di cosa chiacchierano quando parlano di esperienze condivise. Partendo dai contenuti da loro consumati.
Mi sono quindi costruito una rigida dieta mediatica che mi avrebbe poi portato ad assistere quotidianamente a svariate ore di dirette su Twitch, a infinite sessioni di scrolling su TikTok e a passare intere giornate su YouTube, Instagram, Reddit, Discord. A leggere centinaia di articoli e ricerche. Ogni giorno, per mesi.
Il risultato di questo lavoro, una sorta di grossa espansione della mia newsletter, è Sei vecchio: qui traccio qualche linea e propongo alcune idee su come la Gen z abiti la rete, cercando di offrire una visione critica e talvolta politica dei suoi fenomeni più rappresentativi.
Passeremo quindi dalle alienanti esperienze di streamer disposti a mettere in piazza ogni piccola porzione del proprio intimo al rapporto con la fama istantanea e col suo repentino declino. Incontreremo la moderna ossessione per il self care e i video motivazionali, e pure l’imprevedibile ritorno dell’astrologia. Tratteremo di panini virali e brutali censure. Vedremo capre famose e rapper che paiono ultraliberisti.
Parleremo di una generazione abitata da persone che hanno imparato a convivere per gran parte delle loro vite col concetto di influencer, riuscendo persino a superarlo con la più generica figura del creator: quella di chi si rende disponibile a produrre contenuti per vocazione o per lavoro, lusingato dalle decine di piattaforme che permettono di monetizzare su qualsiasi aspetto della propria vita, o dai grandi marchi internazionali coi quali collaborare a qualsiasi latitudine – salvo poi rischiare di in- cappare nella prossima “prima grande recessione” della creator economy di cui si incomincia a leggere da più parti.
In questi anni – conclude la sua analisi Lindsay – assistiamo peraltro a uno spettacolo inedito, che ci tocca da molto vicino: generazioni che sfioriscono e invecchiano in rete per la prima volta, “in tempo reale”, mentre s’accorgono – ci accorgiamo – d’essere diventati sempre più irrilevanti man mano che l’offerta contenutistica avanzava.
Ecco allora che diventa (forse) necessaria una guida che parta da qui, dall’universo dell’intrattenimento in rete e dal rapporto tra pubblico e privato, dal meccanismo della celebrità online e dall’industria dei nuovi media, per comprendere meglio le unicità e le diversità fra generazioni.
Ogni cronaca raccontata in questo libro non è che il tassello di un più vasto, forse nuovo, ma certamente ipercontemporaneo spaccato culturale in cui tutto è mercato e ogni cosa può dunque essere un bene sul mercato, in cui ogni porzione delle nostre giornate può essere content e ha piena dignità di diventare virale. Una serie di piccole e grandi storie che, talvolta, paiono più simili a delle grottesche distopie, calate dentro a uno scenario col quale abbiamo lentamente imparato a convivere.
Eccoci qua, spero ti sia piaciuto: puoi acquistare “Sei vecchio” qui e in tutte le librerie.
Ne approfitto per ringraziare nottetempo, chi mi ha sostenuto durante la scrittura, e voi lettori di zio per il dialogo e lo stimolo costante 👄
Comunque sia, se ti va possiamo su Instagram, su Twitter, o su Telegram per aggiornarci su novità e presentazioni.
Ancora, qui trovi tutti gli altri episodi di questa newsletter, qui puoi supportarla.
Infine, questi sono il mio sito e il mio profilo LinkedIn, in caso servissero. Ciao!
Comprato! Perchè Zio è diventata la mia fonte preferita per capire le nuove generazioni :)
Comprato fresco fresco alla fiera Testo di Firenze ;)