Correre pericolosamente sopra un'auto tedesca
Valeria ha provato a criticare il testo di una canzone diventata virale. È andata malissimo.
Ciao,
Io sono Vincenzo e questa è zio: la newsletter performante.
Come stai? Io bene! Non ci sentiamo da prima dell’estate, lo so: sto preparando delle cose che (probabilmente) ti faranno piacere. Aspetta ancora un attimo per fav, che ho quasi finito.
Stavolta voglio raccontarti una storia che forse non conosci. E per farlo, ho deciso di lasciarla riportare alla sua stessa protagonista.
Prepara i sacchetti di carta, quindi: potrai utilizzarli per respirarci dentro 🤝
Breve contestualizzazione, proviamo a ritornare all’estate: a quando zio non usciva, là fuori circolava una *splendida* campagna elettorale, e dopo un paio d’anni di pandemia ci abituavamo a convivere con concetti come “inverno nucleare” e “carestia energitca”. Ecco: in quel periodo, insieme agli arcinoti successi di “Shakerando” di Rhove e delle hit di Lazza, la canzone “Auto tedesca” del rapper Paky stava silenziosamente diventando una delle più ascoltate in Italia.
Lo ha fatto grazie alla fama dell’album “Salvatore”, uscito solo a marzo e con già un disco di platino all’attivo. Lo ha fatto per via dell’ormai memorabile, iper-memata reazione dello steward Ivano al “Love Mi” durante l’esibizione di un altro pezzo dell’artista rozzanese. E lo ha fatto anche grazie a TikTok, come sempre più spesso accade nell’industria musicale — qui un ottimo articolo di Vox sulla strada che porta sempre più brani che circolano sul social cinese a fare successo, qui un altro sul particolarissimo mercato delle hit che da lì diventano tali ancor prima di esser state effettivamente pubblicate.
È su TikTok, infatti, che in quel periodo potevi trovare migliaia di contenuti, trend, balletti e interpretazioni ironiche di “Auto tedesca” — tutti video che della canzone originale prendevano l’inizio per farlo diventare poi tutt’altro, com’è d’uso sulla piattaforma. Ed è lì che, mentre scrivo, il solo hashtag #autotedesca raccoglie ancora più di 60 milioni di visualizzazioni: una specie di canzone-meme, con una views per ogni persona vivente in Italia.
Ti lascio qui un video per farti un’idea di quello di cui stiamo parlando:
Come vedi dall’esempio qui sopra (in cui qualcuno in metro si mette a urlarla di botto, imitando la voce impastata dell’autore e provocando il terrore degli altri passeggeri), per quanto il testo non suoni troppo ironico né riecheggi particolari tratti stilnovistici, la canzone ha finito lo stesso per essere utilizzata all’interno di contenuti pensati essenzialmente per l’intrattenimento.
Prova a fare una ricerca, per dire: troverai diversi influencer che abbandonano per un attimo la loro agenda su self help e salute mentale per un veloce lip sync sulle note della canzone. O dei mash up in cui viene miscelata ad altre hit, diventando doppiamente virale. O addirittura video come quello di un’intera scolaresca di Reggio Calabria, che la canta in cortile per celebrare il primo giorno di scuola.
Troverai di tutto. Tanto che arrivati a un certo punto, la scorsa estate, sembrava che su TikTok tutti stessero — o in qualche modo dovessero — rendere omaggio alla canzone di Paky, al suo successo, e alle sue divertentissime filiazioni.
Problema, però. Il testo dice letteralmente:
“Corro su un’auto tedesca
Spingo e fa ah questa putt*** straniera
Sembra lo fa di mestiere,
Le fa troppo male, le sto spaccando la schiena
Le sto spaccando la fe***”
E che si fa in questi casi? Chi glielo dice?
Valeria Sampino, 25enne studentessa palermitana di psicologia, ci ha provato.
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Valeria non ascolta né rap né trap, ma si accorge di quanto il pezzo stia circolando: non le va giù il testo (comprensibilmente, aggiungo), decide di registrare un video in cui cerca di dare un punto di vista critico al fenomeno e ai messaggi che rischia di veicolare, quindi prende il contenuto della canzone e se lo studia.
Lo recita, prova a dare un’impressione personale. “Ma ci pensate a quello che ascoltate? (...) Questa è una schifezza allucinante, questa è misoginia… Ma cosa cazzo ascoltate, cantate e condividete?!”. Lo pubblica su TikTok da un profilo da qualche centinaia di follower.
Il risultato, in una sola notte, saranno 200mila visualizzazioni e migliaia di commenti. Quasi tutti spiacevoli, aggressivi, persino violenti. Diventeranno addirittura 15mila per 3 milioni di views in pochissime settimane, e un’estate passata a farsi largo tra aggressioni, insulti, ansia e meme in cui la sua voce viene ripresa, sbeffeggiata, condivisa da creator d’ogni tipo — ignari del messaggio iniziale e del risultato della loro immancabile, inesorabile adesione all’ultimo trend dell’intrattenimento online.
Alla fine la voce di Valeria verrà persino utilizzata all’interno di in un remix della stessa “Auto tedesca”, in cui le sue parole fanno da intro alla canzone — diventando quindi una specie di derisione definitiva, in qualche modo, e un fenomeno ormai non più controllabile.
Ho contattato Valeria per farmi raccontare la vicenda e chiederle come l’abbia vissuta. Questo è parte di ciò che ci siamo detti (NB: L’ntervista è stata chiaramente editata per ragioni di sintesi).
Io:
Partirei chiedendoti, banalmente, di raccontarmi questa storia dalla tua prospettiva. O comunque di spiegarci cos’è successo, se ti va.
Valeria:
La mia è stata una riflessione a caldo, ma che in realtà — rispetto a determinati messaggi che vengono portati avanti tramite la musica — avevo maturato già da qualche tempo.
In quel momento ho preso spunto da “Auto tedesca” perché era particolarmente virale su TikTok: la vedevo in continuazione, con ragazze e ragazzi che la condividevano costantemente. Quindi sono andata a leggere il testo, e non ero per niente d'accordo con quei messaggi.
Alla fine ho fatto questo famigerato video per esprimere la mia opinione: spiegavo che quelle parole, quelle frasi e quei concetti mi apparivano come altamente misogini e violenti. E che mi faceva tanto, tanto strano che la gente li condividesse — magari anche tantissime ragazze che poi, che so, si professavano femministe.
Da lì video è diventato virale in pochissimo tempo, tipo nell'arco di una notte: l’ho pubblicato di sera e al risveglio, il mattino dopo, aveva già circa 200mila visualizzazioni. Adesso ne ha quasi tre milioni.
Io:
Tu ti sei spiegata perché il video è diventato virale in così poco tempo? Al di là dell’essere andata contro il gregge, e a prescindere dal tema — sul quale torniamo subito — dal punto di vista del meccanismo di piattaforma ti sei chiesta come sia possibile che un video di una persona a caso possa circolare così tanto in così poco?
Valeria:
Quando l’ho pubblicato, in realtà, ero molto tranquilla — mi sono detta “a quante persone vuoi che arrivi?”, dato che in quel momento avevo circa 400 follower.
Poi, appena ho visto tutte quelle reazioni in poche ore, ho capito che ciò che ha fatto in modo che il video diventasse così virale, probabilmente, era stata proprio la mole incredibile di commenti. Erano già tremila, quel mattino. Mi sono fatta l’idea che siano stati quelli, e l’argomento stesso della critica, a spingere il video.
Era una cosa però totalmente inaspettata: non mi aspettavo tutta questa anche violenza nei commenti, perché parliamo davvero di insulti di qualsiasi tipo: sono stata insultata per cose che non c'entravano nulla con il video in sé, come per esempio il fatto che avessi la bandiera LGBTQA+ nella bio, per il mio accento meridionale, per il mio essere donna — c’è stata gente che mi ha scritto che dovevo andare a lavare i piatti.
Io:
Di quanti commenti stiamo parlando, in totale?
Valeria:
Vado a vedere sul profilo, guarda… Siamo intorno ai 15mila, di cui tipo 95 percento quantomeno sgradevoli, negativi.
Ho pensato di aver toccato una canzone particolarmente virale e apprezzata — sia dalla mia generazione, che dai più giovani, che da diversi influencer. E in quel momento mi sono sentita come se fossi andata contro TikTok in generale.
La cosa non si è fermata lì: in pochissimo tempo i numeri sono cresciuti, tanto che a un certo punto ho dovuto rendere privato il profilo e bloccare il video quando già andava verso 500mila visualizzazioni.
La situazione a quel punto era diventata veramente insostenibile: arrivavano notifiche da ogni parte, messaggi di qualsiasi tipo, insulti. Non riuscivo nemmeno più a entrare su TikTok, per quanto la situazione mi avesse preso totalmente alla sprovvista e fatto star male.
Io:
Poi la situazione è persino peggiorata…
Valeria:
Sì. Parto dall’inizio. Quando quel video è stato pubblicato non ero per niente consapevole di quello che sarebbe potuto accadere, e dunque non avevo bloccato la possibilità di fare stitch e duetti, né di salvare il video.1
Succede che le stesse persone che venivano a commentare abbiano poi cominciato a creare stitch, duetti e remix partendo del mio video, utilizzando la mia faccia e la mia voce per farsi una risata — stiamo parlando sia di ragazzini che di trenta o quarantenni.
E quindi: a un certo punto un ragazzo ha fatto un remix del mio video inserendomi all’inizio della canzone di Paky. La cosa è diventata a sua volta un trend virale in tutta Italia, ed è stata condivisa da tantissima gente, anche con numeri molto molto importanti — parliamo di Alessia Lanza, di amiche di Chiara Ferragni, di inviati delle Iene.
Quello è stato il momento in cui ho avuto un breakdown totale.
Mi sono ritrovata all'interno di una cosa che era diventata grandissima, molto più grande di me, più di quello che pensavo. Ho reso il profilo privato per un bel po’ di tempo, e in un secondo momento ho contattato delle associazioni contro il cyberbullismo — cosa per cui mi sono vista costretta a rendere di nuovo pubblico il mio video, perché dovendo mandargli il link doveva essere ovviamente consultabile.
A quel punto, però, è diventato di nuovo virale. Lo è stato per almeno cinque volte. Adesso la situazione sembra essersi placata.
Io:
Come hai vissuto quei giorni, in cui c’era ‘sto terremoto e la terra non si fermava?
Valeria:
Li ho vissuti malissimo. Oggi mi rendo effettivamente conto che forse il tono del video potrebbe essere stato recepito come troppo paternalistico, per quel social network, non so.
Però ho ricevuto tanta tanta violenza. Non riuscivo a spiegarmi come le persone potessero essere tanto cattive. In quel periodo non riuscivo a uscire di casa, mi metteva agitazione stare in mezzo alle persone, per paura che potessero riconoscermi, o aggredire, o farmi del male. Non so spiegare…
A Palermo, la mia città, un giorno mi sono trovata in piazza con un sacco di ragazzini: ho cominciato ad associarli a questa situazione, ed è stata la prima volta in cui ho provato ansia a stare all’aperto — una cosa che non mi è mai capitata in tutta la vita.
Pensa che un giorno, in discoteca, hanno messo il famoso remix con la mia voce: i duetti e gli stitch non finivano più, purtroppo, perché anche se rendi impossibile il download del video, lo si può scaricare attraverso “registra schermo”.
Io:
Ecco, appunto: tu hai mai pensato di cancellare il video? Te lo chiedo per rendere più chiari certi meccanismi, e far capire quanto — a un certo punto — eliminare i contenuti rischi di essere sostanzialmente inutile…
Valeria:
Ci ho pensato per un attimo, però poi mi sono detta di no, che tutti dovevano vedere quello che sto passando. Emotivamente c'era anche tantissimo desiderio di rivalsa, di far sì che le persone sapessero cosa può succedere veramente in quel mondo.
Stavo veramente male, ma al contempo volevo conservare il video per quando sarei stata più lucida e le cose sarebbero andate un po’ meglio: magari la mia esperienza poteva servire a qualcun altro.
Dopo tutto quello che avevo passato, volevo che almeno servisse a qualcosa. Ogni tanto capita anche che qualcuno mi commenti dicendo “adesso ti do ragione”, “almeno qualcosa di giusto la dici ogni tanto”...
Io:
Ti faccio una domanda difficilissima: secondo te c'è uno spazio per la critica su Internet, e in particolare su TikTok?
Valeria:
Uno spazio c'è, ma comprendo bene che impostare una comunicazione diventa sempre più difficile, alla luce del fatto che le persone pian piano hanno abbassato tantissimo la loro soglia dell'attenzione.
Proprio per questo, però, forse è necessario un linguaggio che si sposi bene con l'utenza media e coi linguaggi di TikTok. Altrimenti, si rischia di finire nell'occhio del ciclone, come è successo al mio video ma anche in altri casi in cui divulgatrici e attiviste hanno dovuto praticamente abbandonare la piattaforma.
Come dire: c'è spazio per la critica, però devi saper sposare il tuo punto di vista, la tua idea, la tua opinione col il tono leggero e un po’ più ironico di TikTok, facendo attenzione che il messaggio passi e non venga visto solo come una cosa parodica.
Io:
Quindi dici che bisognerebbe rimodulare i messaggi in base al contenitore…
Valeria:
Sì, anche se è una cosa che — personalmente — mi rattrista. Mi rattrista tantissimo l’idea di doversi adeguare a degli standard che ci impongono brevità e semplificazioni.
Io:
Ancora più difficile: c'è un modo per risolvere questa situazione secondo te, o un’alternativa che crei uno spazio un po’ più sereno di critica — che non debba per forza essere troppo simile a un meme?
Valeria:
Su TikTok, forse, potrebbe essere utile cercare di modificare l'algoritmo a proprio vantaggio: magari seguire persone che hanno idee simili alle tue, in modo da far sì che il tuo contenuto possa circolare solo nei posti “giusti”, tra virgolette.
Ho letto poi vari articoli a riguardo: una soluzione potrebbe essere cercare di creare una cerchia, una rete di affinità — cosa che non ti salva, comunque, da possibili shitstorm, come ho potuto notare sulla mia pelle.
Tu cosa ne pensi? Vieni a dirmelo su Instagram, su Twitter, o rispondendo a questa mail.
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Infine, questi sono il mio sito e il mio LinkedIn — se ti viene voglia di chiedermi cose più professional.
Ciao, a presto
Grazie a stitch e duetti si può riprendere un video accoppiandolo a uno proprio, facendo sì che tu possa reagire o commentare alla clip originale.