Eccoci siamo in diretta (per sempre 😈)
Gskianto è noto per le maratone live su Twitch lunghe settimane. L'altro giorno si è rotto il c
Ciao,
Io sono Vincenzo e questa è zio, una newsletter sulle cose dell’Internet di cui parlano le persone più giovani di te. Sembra interessante. Iscriviti di nuovo.
Come stai? Io tutto apposto. L’altro giorno — non chiedermi come — sono finito su un video tratto da una vecchia serie animata che si chiama “Veggie Tales”. La scena è questa: a un certo punto Larry the Cucumber blocca il suo amico pomodoro e gli fa:
Dice: “In the future, entertainment will be randomly generated”. Ti senti di contraddirlo? Fatti una vaschetta di perlustrazione sul tuo Instagram. Vai pure, ti aspetto qui, poi torna che andiamo avanti.
…
Ricognizione: quanti meme a tema “versione cattiva di X direbbe” hai visto? E chi ha deciso che sarebbero stati un argomento di dibattito, una cosa che fa ridere, il meme della seconda metà di ottobre 2021?
Boh. Il modo in cui ci “divertiamo” coi contenuti digitali è sempre un po’ più random, se ci pensi. In 150 milioni abbiamo visto una serie coreana (molti di noi in coreano con sottotitoli in inglese) rendendola una delle più seguite di sempre — che se lo meriti o meno. Passiamo un botto di ore alla settimana tra stories IG e TikTok, sperando che una roba a caso ci comunichi qualcosa, ci stimoli una reazione (delle “reaction” parleremo poi, magari).
Cosa ti senti di replicare a Larry the Cucumber? Io niente.
Esattamente questo.
Su Twitch la cosa è ancora meno prevedibile o gestibile. I canali vanno live per ore e ore, i loro “palinsesti” ti aiutano fino a un certo punto, e tu — prova a metterti un attimo dalla parte del “creator” — devi trovarne sempre una nuova per essere rilevante, qualsiasi sia l’accezione che tu voglia di dare a questa parola.
Esistono un milione di modi, possono succederti un milione di cose.
Maratonina?
L’altra sera guardavo Twitch — come sempre, aiut. Mi sono soffermato sulla live di Gskianto (vediamo dopo) perché se ne stava zitto, forse anche un po’ sofferente. Il giorno dopo Instagram e TikTok si sono riempiti di clip su di lui riproponendomi ciò che, spostandomi su altro, mi sarei poi perso. “IL MAESTRO GSKIANTO NON CE L'HA FA PIÙ DOPO 35 GIORNI IMPAZZISCE È SI METTE HA PIANGERE” (sic), dice YouTube.
Quella sera infatti lo streamer si era abbandonato a un lungo — e comprensibile — sfogo su quanto non riuscisse più a portare avanti le sue live, a reggere alle ore e ore consecutive di diretta e a confrontarsi con i commenti della chat, sempre più amari, durante la sua maratona.
Hai letto bene. “Maratona”.
Saltino indietro prima di tornare a fatti più recenti. Da qualche tempo su Twitch (piattaforma della quale abbiamo parlato tempo fa qui) circola il format delle “maratone”: lo streamer attacca la diretta, fa partire un timer e invita a fare delle donazioni che aggiungano un tot di secondi a questo contatore. La live finisce quando il conto alla rovesca torna sullo zero.
Il risultato è che più si dona, più lo streamer deve stare in diretta senza mai staccare. E più la live funziona — e più lo streamer è noto per questa titanica e dissociante operazione — più questo si sente in dovere di portarla a termine per, diciamo, non perderci la faccia.
E quindi: in ogni momento, e sotto pagamento, la conclusione della live può essere spostata più in là. Potenzialmente ogni maratona potrebbe non finire mai, a meno che lo streramer non pattuisca un monte ore massimo con la propria chat prima di inziarla.
Le Twitch marathon hanno cominciato a circolare in USA da qualche anno — qui trovi una guida, se vuoi cimentarti.
In Italia non sono stati in molti a replicarle. Gskianto, ad oggi, ne è sicuramente l’interprete più noto.
Le titaniche maratone di Gskianto
Le maratone esistono da un po’, dicevamo. Quelle di Gskianto sono diverse.
La cifra che questo streamer (di cui parleremo meglio tra poco) ha voluto darsi, da sempre, è quella della “goliardia”: un po’ perché appare abbastanza spontaneo nel parlare e nel comportarsi davanti alla camera, come se non esistesse — a volte fino quasi all’eccesso, a volte creando contenuti in modo totalmente casuale. E un po’ perché la sua stessa community, e i format portati sul canale, vengono da lui definiti proprio “goliardici”.
La prima maratona di Gskianto — in coppia con MatteoHS — risale a un paio di anni fa circa. Tempo di resistenza: 33 giorni. Più di 900 ore, 40mila utenti unici totali, con picchi di 8mila contatti contemporanei e la promessa di riprovarci.
Il relativo successo dell’operazione, che gli ha permesso di aumentare iscritti e subs e di diventare virale con qualche estratto video, lo ha portato a fare da solo, ad arricchire di gadget e strumentazione varia la camera da letto da cui streamma, e a declinare in modo ancora più personale — in tutti i sensi — le sue non-stop. Così qualche mese dopo, nelle semplici maratone, si sono andate ad aggiungere altre “content opportunity”.
Esempio: magari non segui Twitch, forse non hai mai dato un nome alla sua faccia, ma quasi certamente — da qualche parte nel vialone randomico dell’intrattenimento sul quale passeggiamo ogni giorno — ti sarà capitato di vedere una di queste clip:
Gskianto e le sue “sleeping stream”.
È Gskianto che si sveglia di soprassalto. Perché qualcuno, facendo una donazione, si è “comprato il diritto” di riprodurre un rumore ad altissimo volume (se ci fai caso sul letto c’è un contarore: misura i decibel) mentre dorme in diretta, e quindi a godere della sua reazione inconsulta, iraconda.
Ti faccio notare due cose, poi. Numero uno: questa cosa si ripete ogni volta che si addormenta, finché resta in maratona, quindi anche per settimane. Mm.
Secondo: facendo un particolare tipo di donazione hai la possibilità di mandare in onda addirittura un audio in cui Gskianto stesso, con la sua voce registrata, riproduce un comando per la sua Alexa.
Al minuto 1.48 del video sopra puoi vedere in azione questa donazione: parte un “Alexa, accendi bolle”, e grazie a degli accrocchi mezzi domestici e mezzi domotici cominciano a piovergli addosso delle bollicine di sapone — mia faccia quando l’ho capito: 😵💫
Impazzirei.
L’ultima maratona continuava già da qualche settimana. E sebbene uno dei meme di Gskianto sia proprio il portarle avanti senza nascondere qualche malumore personale, l’impressione era che stavolta qualcosa di un po’ diverso stesse succedendo (qui giorni prima, per esempio, mentre dice che non ne può più e si accanisce contro la tastiera).
E qui torniamo al punto. È lo scorso mercoledì sera e mancano ancora 150 ore alla fine della live. Ne seguo una decina di minuti, Gskianto se ne sta zitto, si stropiccia gli occhi, si gratta la fronte, sguardo basso.
Le donazioni continuano ad arrivare — moleste, come spesso succede: peti, imprecazioni, audio grevi, robe così. Gskianto s’incupisce. Intuisco la maleparata, tifo perché si stacchi e torni offline. Ma tifo seriamente.
“Non so se ce la faccio ragazzi. Non voglio farmi dare dello scammer, adesso blocco il contatore”. Non donate più, dice: non voglio passare per quello che intasca le donazioni e tradisce il meccanismo, ma il gioco — per ora — forse finisce. Il mattino dopo appaiono le clip di cui sopra. Il contatore in video dice “meno 148 ore”. Gskianto stacca così:
Dice di aver fallito, che deve pensare alla sua salute mentale, che non può andare avanti, che la chat è cambiata, è più tossica, che lo accusano di essere una brutta persona. “Io, che non ho mai fatto male a una mosca”. Piange. Prova a mettere una versione Midi di “My heart will go on” e a salutare tutti in modo meno cupo, forse, ma torna in silenzio per minuti e minuti, si commiata tristemente, dà appuntamento alle Stories per eventuali aggiornamenti.
“Ci vediamo guaglio”. La chat in gran parte risponde con affetto, cuori viola, “riposati maestro”.
Ma chi è Gskianto?
“Maestro” è il modo con cui lo chiama la community di Twitch. Per “goliardia”, per le non-stop, ma anche per l’altro suo contenuto distintivo: il roleplaying (“RP”) di GTA, di cui è uno dei nomi più noti sulla piattatforma.
Atto goliardico standard.
Per “roleplay” intendo proprio quello che pensi: fingere di essere un’altra persona, con un’altra vita, per gioco. Lo si può fare anche su GTA — in una versione modificata e online — ed è uno dei content principali offerti da Gskianto, insieme ai freestyle con la chat.
Regole del gioco: “rappare” su una base usando i commenti della live.
Questa qui sopra è forse l’esibizione che lo ha fatto diventare più noto fuori dalle community di streamer o gamer (esempio, quella trap), insieme ai balletti e alla sua versione di “Lello Kawasaki” dell’autore neomelodico Enzo Di Domenico.
Una sorta di fama extra-settoriale che lo ha reso protagonista di contenuti su TitkTok da milioni di views e video ispirazionali (sul come ce l’abbia fatta contro ogni pronostico, vediamo tra poco), ma che è arrivata dopo anni di streaming semi-carbonare provate prima su Facebook, poi appunto su Twitch (qui una sua diretta del 2016).
Campano di 25 anni circa, Gskianto ha parlato apertamente della sua storia un paio di volte in live. Stando a quanto raccontato, il suo sarebbe stato un passato mooolto complicato fatto di un’infanzia difficile, di affidi genitoriali, di violenze psicologiche e non, di probemi di salute, di stenti e prevaricazioni.
Ha raccontanto di essersi emancipato con fatica da quel contesto solo di recente, sfruttando i pochi soldi a disposizione per comprare il necessario per le dirette, e trasmettendo partite di “Metin2” in streaming. Fino ai numeri degli ultimi mesi, all’indipendenza economica, ai primi accordi commerciali, a una programmazione attenta e man mano sempre più professionalizzata, a suo modo.
“Nella vita mi è andato tutto male (…) Se non succedevano questi eventi, però, forse non stavo qua su Twitch”.
Ieri sera, comunque, Gskianto è tornato live e pare abbia lanciato un suo nuovo server per GTA RP.
Apro un piccolo capitolo per completare il quadro: nelle scorse settimane, a causa di un gigantesco data leak, si è venuti a conoscenza dei presunti guadagni degli streamer su Twitch. La cosa ha fatto un po’ il panico, ed è circolata una vera e propria classifica dei guadagni con nomi italiani.
Lo streamer Social Boom (ne abbiamo parlato qui), reactando allo stop alla maratona di Gskianto, ha fatto un po’ di calcoli e ha provato a capire quanto più o meno si guadagni a portare in live una propria giornata: non sono d’accordo sul ragionamento che fa (del genere: piangi ok ma intanto ci hai guadagnato xmila euro), ma se vuoi vedere il video lo trovi qui.
Perché dovrebbe interessarmi?
Non sono d’accordo, dicevo, perché il rapporto tra l’essere content creator e andare in burnout è un tema, e prescinde dal denaro. Perché la salute mentale, banalmente, è un tema. Il tema, in questo caso.
Ha fatto mega-bene, per esempio, lo streamer e youtuber ilMasseo a parlare dei suoi problemi in un video. Ha raccontato quali sono le sue difficoltà relazionali, ha provato a dare un volto e una spiegazione, ha incoraggiato chiunque può o voglia a ricorrere alla psicoterapia, tentando di dare un calcio nel culo allo stigma del ricorso agli specialisti come debolezza, come cliché, o come segnale di irreparabile condizione psico-sanitaria.
Il risultato è stato un video stracondiviso e ottimamente accolto dai commentatori, che ha stimolato altri streamer — solo io ne avrò contati 5 o 6 tra quelli “forti” nelle ore successive — a parlare liberamente delle loro paure, delle loro ansie. Quasi come se non aspettassero altro, come se servisse il segnale del primo della fila per andare avanti.
Che poi: di creator e “voglia temporanea di mollare” per motivi diversi da quelli professionali avevamo parlato questa estate, citando lo show Netflix di Bo Burnham “Inside”, e alcuni tiktoker che si confessavano incapaci di reggere la sfida del contenuto quotidiano, della fama istantanea, del confronto ruvido con la propria community, del rapporto con l’ansia. Però ottobre è anche il mese della salute mentale, e secondo me ci stava fare le chiacchiere che abbiamo fatto fin qui.
L’impatto di queste piattaforme è del resto oggetto di discussione da tempo, e proprio di recente alcune, soprattutto dopo le rivelazioni sul report interno di Facebook, si sono affrettate a pubblicizzare iniziative che dovrebbero dimostrare quanto tengano al benessere di chi le frequenta.
Qui sopra videino a tema che avevo fatto insieme a Luis Sal (2018).
In queste settimane poi sta circolando molto il video di uno youtuber, Penguinz0, che racconta la parabola di Nikocado Avocado, creator che ha come proprio top content quello di mangiare cose (il mukbang) in modo barbaramente anomalo, fino alle lacrime e alle conseguenze cliniche — salvo poi dar la colpa ai propri iscritti per quanto accaduto, con tanto di magliette che dicono “it’s your fault”.
L’autore del video associa la voracità col cibo alla fame da numeri e validazione, di contenuti da spremere e rendere virali fino all’ultima goccia, e secondo me c’entra qualcosa col discorso che stiamo facendo — qui un pezzo di Input, per esempio, su come Nikocado è stato accolto dalla eating disorder community.
Poi se non c’entra niente, scusa: intrattenimento randomicamente generato. Alla prossima 😮💨
Finita. Noi ci vediamo qui molto presto, oppure su Instagram, Twitter e LinkedIn.
Qui trovi l’archivio completo di zio, la newsletter che hai appena letto: quella che si fa un giro nelle cose digitali rilevanti per la Gen Z, ma che non prova a parlare delle “nuove tendenze dei giovani” perché è un attimo che poi si finisce così.
Un bacio forte, ciao