Il Culto della Capra
Benvenuto nel "manueverso", dove avrai il piacere di conoscere il 2022 in persona.
Ciao,
Io sono Vincenzo e questa è zio, la newsletter troppo giovane per te.
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L’ultima volta ci siamo fatti un’ideuzza sul mondo delle streaming Twitch a base di slot machine e virtual casino — se vuoi recuperare anche altri episodi, qui trovi l’archivio. Stavolta voglio raccontarti una storia che forse straconosci, o forse non conosci affatto. È un po’ questo il punto.
Prendi i sali minerali: ci facciamo un giretto in una delle trenta distopie con cui siamo abituati a convivere ogni giorno 👍
Chi è “Manuee”?
Da ormai qualche mese i feed TikTok d’Italia sono presi d’assedio dai video di Saverio Riccelli e dai suoi animali.
È probabile che tu l’abbia visto sui social, beccato in tv, o che abbia intercettato i suoi slogan su qualche maglietta ai mercatini: si tratta di un ruspante 28enne delle campagne di Catanzaro noto soprattutto per le clip che coinvolgono la capra Manuele e gli altri componenti della sua piccola fattoria.
Eccoti un video per intenderci subito:
Già presente su Instagram e TikTok da diverso tempo senza particolari pretese, Riccelli ha cominciato a condividere momenti di quotidianità con Manuele e gli altri suoi animali (tutti dai nomi tipicamente italiani) attorno alla fine del 2021.
È stato più o meno da allora che alcuni dei suoi video sono riusciti — in qualche modo, e a un certo punto non definito — a circolare nei feed di TikTok di sempre più utenti (i cosiddetti “Per te”), rendendo lui e la sua capra mega popolari e riconoscibili in pochissimo tempo.
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Per intenderci ancora meglio, elenco dei topos ricorrenti in questi video:
L’entusiasta ingresso in stalla di Saverio per salutare Giovanni, Pasquale, Carmelo e soprattutto “Manueeee” (urlato con enfasi sulla e);
Il “Guardate a Manuele…”, per richiamare l’attenzione dei viewer;
L’“E cumu iamuuu”, punchline d’ordinanza, per chiedere a Manuele e gli altri come stia andando la giornata ma anche sotto forma di lamentazione generica (del tipo: “annamo bene…”);
L’iconico “Cumu si biedu”, per dire a Manuele quanto è bello accarezzandogli la barba, ma spesso rivolto anche ai follower (“Cumu siti bieddi”);
La creazione di scenette e situazioni influenzate dall’attualità, in cui travestire gli animali o ricreare piccoli rudimentali set tematici.
Infatti: il ricorso a ciò che è trending dal punto di vista del dibattito popolare è stato fondamentale in questi mesi, rendendo più longevi e comprensibili i contenuti di Saverio e del suo manueverso.
E quindi, anche se le clip con Manue’ che mangia il cornetto del mattino o che ruba i soldi sono diventati dei classici, a fargli varcare i confini del social è stata soprattutto la sua “teatralizzazione” e la vicinanza alle notizie da prima pagina dei tg della sera.
Come per esempio il video in cui Manuele ha il covid, con mascherina e sciarpa, finito in una puntata di “Propaganda Live” su La7:
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O quello in cui viene allestita in stalla una specie di Inter-Juventus con tanto di magliette e terreno di gioco, nei giorni dell’atteso incontro di calcio — poi ripreso chiaramente da “Striscia la Notizia”.
O il Manuele-benzinaio delle settimane in cui si parlava solo del caro prezzi; o ancora il video in cui, da dentro un carro armato ucraino, Manue’ è appena “tornato dalla guerra”.
Questo ultimo, in particolare, è probabilmente valso ai due un intero servizio delle “Iene” di qualche settimana fa: a quel punto i numeri di Saverio erano già spaventosi, con un milione e 500mila follower racimolati in un pugno di mesi, video da milionate di views e più di 50 milioni di like totali.
Ad oggi, dopo qualche mese di clamorosa corrente ascensionale, il “piano editoriale” di Saverio si basa ormai su connotati contenutistici precisi — e una “hit estiva” ineluttabilmente intitolata “E cumu iamu”, interpretata da Riccelli stesso e dal dj Alex Antuàn.
La sua produzione attuale prevede svariati contenuti al giorno, anche a breve distanza gli uni dagli altri, attraverso scenette girate e pensate con minor cura narrativa, ma in modi che spesso possono apparire quasi casuali.
In alcuni degli ultimi video — infatti — Saverio sembra quasi non essersi mosso di un centimetro per cicli di cinque o sei clip di seguito: come se le registrasse e poi le pubblicasse lì sul posto, le une dopo le altre, cercando di intercettare per tentativi l’onda migliore — tipo pesca a strascico della clip virale.
O come se avesse già appreso e assaporato la ricetta che porta a diventare trending, e volesse riservarla solo per le cene importanti.
Da qualche giorno, poi, alcuni di questi video riportano inserimenti di prodotti vari ma anche inviti a iscriversi al canale Telegram “Manué 🐑 Aviator ✈️”, in cui vengono condivisi link al gioco d’azzardo online “Aviator” con “Codice Promo Manue25”, e in cui mostra in camera come funziona (d’azzardo e contenuti digital avevo scritto proprio nell’ultimo episodio di zio, pensa te: lo ritrovi qui).
Non è di questo, comunque, che volevo parlarti. O meglio: anche, ma capiamo un attimo.
Benvenuto nel manueverso
Non è difficile immaginare le ragioni che possono aver concorso alla fama istantanea di Saverio Riccelli e della sua capra. Proviamo a fare un elenco:
La presenza di splendidi animali, che fa sempre piacere;
Le frasi buffe, ripetitive, comprensibili e familiari — per parole e pronuncia dialettale;
I riferimenti all’attualità e alla vita quotidiana (la guerra, la benzina, la mascherina, il cornetto, le dieci euro “per andare a comprare le sigarette” strappate di mano a morsi);
L’aderenza alle regole non scritte della viralità di TikTok e al suo magico algoritmo (frequenza, ossequio dei trend, riconoscibilità…);
Il fatto che sia un ottimo contenuto digitale per bambini (di questo mercato avevamo cominciato a parlicchiare qui);
Ma anche, forse, l’orgoglio locale di chi si sente rappresentato da questa estetica da “Sud di campagna”, umile, leggendaria e giocherellona, tanto da riempire i commenti con centinaia di “Continua così figlio del Meridione”, “Miglior rappresentante del Sud”, “Rendi orgogliosa la Calabria”.
Poi, voglio dire: di trend più o meno longevi è piena l’Internet dal giorno uno, e solo negli ultimi mesi abbiamo avuto “Povero Gabbiano” e “Vuoi farla ingelosirla?”, per citare i primi esempi italiani che mi vengono in mente.
Saverio Riccelli non è che uno dei casi recenti più popolari, un’insospettabile e mastodontica macchina da milioni di giovanissime palle degli occhi, che — come altri meme a vario titolo — in qualche modo sta trasfigurando dalla Rete e invadendo le vite reali.
Che è quello di cui ti volevo parlare.
Questo video l’ho intercettato qualche giorno fa su TikTok, casualmente: troviamo Saverio in auto intento ad allontanarsi da una piazza, mentre intorno ragazze e ragazzi del paese lo circondano, lo tengono bloccato, gli chiedono tutto il repertorio.
La calca è compatta e l’auto non riesce a muoversi: la scena è impressionantemente distopica e impressiona anche lui, che evidentemente non sospettava di doversi ritrovare in un episodio di The Walking Dead a breve — e che ridendo compiaciuto spiega: “non posso scendere nemmeno dalla macchina, come andiamo male!”.
Il fatto è che da qualche tempo Riccelli (spesso col suo socio Pomiro84, altro tiktoker calabrese noto per i suoi “Miao” e l’autoironia sulla calvizie) sono in tour tra feste e locali: e quindi di video dei due attorniati da folle insospettabilmente numerose ce ne sono diversi.
Come quello qui sotto, in Cilento, dove si fanno largo nell’isteria collettiva tra ali di folla che sembrano quasi non finire mai.
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Ne ho beccati parecchi, di video così — tanto che ormai fanno cronaca. E ogni volta non faccio che cercare gli sguardi interdetti degli adulti che non conoscono l’identità di Riccelli, né s’immaginano a cosa debba questi accessi di fama, ma che accorrono incuriositi per informarsi sull’Evento del paese, o che accompagnano i propri piccoli a urlare “E cumu iamu”.
Questo che segue qui sotto, per esempio, è il mio preferito (salta i primi 11.15 minuti): Saverio viene intervistato da un dj che gli chiede se è riuscito ad arrivare al milione di follower (minuto 12.35), e lui si lascia scappare sorridente un “Sìsì, l’ho pure superato…”
I bambini, incantati e rimasti a ossequiosa distanza quasi non potessero avvicinarcisi, a quel punto gli fanno gli auguri in coro, come d’impulso: come se fosse il compleanno e avesse appena stappato il Ferrari, o fosse nata sua figlia. Non “grande!”, o “wow!”: auguri. Un achievement esistenziale da celebrare con deferenza e umiltà.
Chiudo il capitolo prima di provare sviluppare quattro pensieri: a prescindere dal dibattito sui meriti di contenuto e piattaforma che potremmo fare attorno Riccelli e i suoi milioni di follower, vedere le strade così piene e intasate, per un contenuto così di nicchia ma allo stesso tempo così popolare, mi ha dato una vaga sensazione di fine di mondo — da un lato. Dall’altro, mi ha fatto riflettere su una cosa che penso spesso.
Ovvero che ogni volta che mi siedo a scrivere questa newsletter non so mai se e quanto parlare di un dato fenomeno: banalmente perché non so se è già strapopolare — rendendo il mio sforzo inutile — o se è troppo verticale e quindi incomprensibile.
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Non so mai se le masse che fermano creator per strada sono trasversali e popolari, o se siano numericamente importanti ma chiuse dentro lo smartphone, dentro una certa anagrafica. Che poi è il rischio che mi piace accollarmi.
Agricoltura, monocultura
Qualche giorno fa sono ricapitato su questo pezzo di fine 2021 di Rebecca Jennings dalla newsletter TheGoods, e dal titolo abbastanza evocativo: “The year of garbage internet trend”.
La tesi è che lo scorso sia stato l’anno zero dei contenuti digitali e — allo stesso tempo — della produzione di articoli e dibattiti a tema “trend della rete”: quello in cui ci siamo resi conti che qualsiasi cosa è ormai in grado di diventare “virale”, che si tratti di una wave estetica inventata a tavolino, di una vecchia canzone degli anni Settanta, o di un’intero approccio para-filosofico all’uso della Rete come quello del Web3.
Il fatto, spiega Jennings, è che non c’è più effettivamente modo di capire cosa sia davvero influente nel mondo reale: se — in pratica — quello che sembra un fenomeno tangibile è in realtà una bolla alimentata da un picco insondabile di attenzione e visualizzazioni, o se ci stiamo perdendo una qualche rivoluzione culturale nata e cresciuta su una qualsiasi piattaforma.
Terry Nguyen, su Vox, qualche giorno fa ha ripreso il filo di ‘sto ragionamento in un pezzo intitolato “Trends are dead”: distinguere tra fenomeno di tendenza e hype infondato…
“Non sembra avere alcuna importanza, dato che TikTok — e il mercato del consumo di contenuti — richiedono costanti novità, riproducendo le condizioni ideali per la creazione di uno scenario infernale in cui qualsiasi cosa, in qualsiasi momento, ha il potenziale per diventare un trend”.
Che, voglio specificare: in questo contesto non si traduce per forza in un’accusa al genuino sforzo creativo di Saverio Riccelli, ma nella rappresentazione abbastanza chiara di come nell’economia dei contenuti di oggi non ci sia tutorial che possa davvero spiegarti come fare a diventare virale: ti basterà provarci e riprovarci più volte, pubblicare tanto e di continuo, in attesa della fortuna, dell’ondata giusta, della Grande Botta, o di qualcuno che dica che sei “tendenza”.
Può succedere al contadino catanzarese che pubblica contenuti tutti piuttosto simili tra loro più volte al giorno, così come al tipo napoletano che offre decine e decine di consigli d’amore. O come a questi ragazzi catanesi, che da mesi ballano le stesse quattro o cinque canzoni per le loro “stoccate” da dentro un salone di parrucchieri di Librino.
In poche parole: c’è così tanto materiale, ed è così potenzialmente facile mostrarlo a molte persone, che termini assoluti come “tendenza” rischiano di non essere concetti condivisibili per tutti.
Saverio Riccelli + Niko Pandetta + “Shakerando” = 2022³
Ultimo giro di svarione: c’è questo interessante pezzo di Kyle Chayka del 2019 che potrebbe c’entrare qualcosa.
Si parla della “morte della monocultura”, di “Game of Thrones” come ultimo momento culturalmente condiviso globalmente, e del fatto che non essendoci più una specie di “palinsesto culturale” comune per tutti (come accadeva ai tempi della tv lineare, lo dicevamo anche in questa intervista che mi ha fatto Marianna Bruschi per il suo podcast “Unicorni in redazione”) ogni sottocultura è allo stesso momento anche cultura, ogni nicchia anche mainstream.
Avresti capito questo meme due mesi fa, quando è uscito?
In assenza di un benchmark popolare e condiviso, in un contesto in cui ognuno legge, guarda e ascolta ciò che vuole senza filtri “editoriali”, allora capita che spesso non esista un trend effettivamente trainante per tutti — facendo sì che tutto possa essere trend.
Il risultato, quindi, è che domani potresti uscire da casa e trovarti la strada sbarrata da seicento ragazzini che aspettano che il padrone di un criceto adorabilissimo esca dal proprio palazzo, per fargli un video e chiedergli il suo tormentone dialettale.
E io sarò qui a guardare i video, a cercare gli occhi dei cinquantenni impietriti, sbarrati e spersi, a immaginarmi che non abbiano idea di ciò che sta succedendo attorno a loro.
Sarà tutto mega normale.
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