L'insospettabile ascesa delle "stream ludopatiche"
Da mesi le dirette a base di slot e virtual casino sono tra i contenuti più popolari della Rete. Capiamo un attimo.
Ciao,
Io sono Vincenzo e questa è zio, la newsletter dei fichi.
Che mi dici? Io tutto apposto dai: a Milano è già estate e siamo tutti molto entusiasti.
Prima di cominciare con la solita messa volevo dirti un paio di cose: uno, grazie per aver risposto al sondaggio a tema zio dell’ultima volta 🤗 È stato moolto interessante e cercherò di far tesoro dei consigli — se vuoi fai ancora in tempo in tempo a dirmi la tua.
Secondo, sempre parlando di ‘sta newsletter: in questi giorni ho fatto quattro chiacchiere di gusto qua e là, ma mi sono puntualmente dimenticato di dirtelo. E quindi grazione alla Radio Svizzera (RSI) e a Repubblica, coi quali abbiamo parlato di TikTok e guerra in Ucraina, e altrettanto grazione alla newsletter “Genitori Equilibisti” di D-La Repubblica per l’intervista a tema giovani e contenuti digitali.
Detto questo passerei subito al piatto del giorno, così, a sorpresa. Namo.
Cosa sono “slots stream” e simili?
Da qualche tempo su social e piattaforme digitali circolano diversi contenuti a tema gioco d’azzardo.
Nel senso, non pubblicità o robe del genere: è che di recente semplici utenti o creator a vario titolo hanno cominciato a mostrarsi mentre giocano su casino virtuali, a blackjack online, su siti di slot o al bingo.
Alcuni di loro lo fanno perché gli piace, in qualche modo. Altri perché ci sono rimasti sotto, probabilmente. Ma principalmente, lo fanno perché è un content che spesso funziona meglio degli altri.
Quello dei giochi d’azzardo in diretta è un fenomeno che si sta sviluppando su più livelli, potremmo dire.
Abbiamo quello di base, in cui semplici user di TikTok da poche decine di follower decidono di andare in diretta dalle sale bingo commentando dal vivo le giocate coi propri follower.
E poi c’è quello “apicale”, che coinvolge content creator di Twitch intenti a spendere per ore somme di qualsiasi tipo in giochi tipo “Crazy time”, “Book of Ra”, “Sweet Bonanza”, o in casino virtuali dove il banco è una specie di croupier in DAD.
A livello globale, le stream a tema slot e giochi vari hanno cominciato a crescere soprattutto durante il lockdown — così tanto che a un certo punto Twitch stessa ha dovuto in qualche modo riconoscerne il successo, creando tre categorie di live specifiche (Slots, Virtual Casino e Poker).
Arrivati ad oggi, nelle dirette di top streamer mondiali come xQc, Trainwrecks e Mizkif si arriva a toccare le centinaia di migliaia di spettatori, durante interminabili sessioni di gioco in cui vengono messi sul piatto anche migliaia di euro (in cripto).
I giochi in questione, peraltro, sono tutti piuttosto simili in dinamiche e funzionamento, ma diversi per tema e per scelta estetica: e così abbiamo le slot in stile elfico, quelle hard rock, o quelle alla messicana, per accontentare tutti.
Comunque sia: trainati da questa specie di trend globale, da ormai qualche mese anche gli streamer italiani hanno cominciato ad approcciare al generone dell’azzardo — che si tratti di creator specializzati nel gambling, o di semplici intrattenitori in cerca di contenuto per le proprie live.
Col risultato che slot, poker e casino stream sono oggi forse uno dei contenuti trainanti delle live streaming in Italia.
Ti basterà passare al volo dall’homepage di Twitch (prova adesso): ti accorgerai che a qualsiasi ora del giorno vanno in diretta decine e decine di live che arrivano anche a migliaia spettatori, all’interno delle quali degli streamer si sparano cannonate di centoni, e reagiscono isterici all’andamento delle giocate.
E qui veniamo a un punto: grandissima parte del successo di questo tipo di contenuto è data proprio dal fatto che quasi sempre lo streamer, enfatizzando le proprie reazioni, cerca di trovare un modo per “creare contenuto”, per diventare potenzialmente “virale” — come dicevamo a Milano nel 2014. Per intrattenere lo spettatore attraverso i propri incontrollati ed esageratissimi impulsi.
Le vittorie vengono quindi spesso festeggiate con gigantesca enfasi, o con riferimenti comprensibili quasi solo dalla propria community — cosa che non fa che rafforzare il legame tra streamer e chat. Così come le perdite economiche e gli insuccessi vengono sottolineati da rabbia incontrollabile, disperazione, rage quitting. Una specie di show nello show.
Ma aggiungiamo un livello: queste stesse reazioni finiscono poi con l’essere freebootate (ossia prese, ritagliate e ricaricate altrove) all’interno video i cui titoli raccontano di vittorie o sconfitte epiche, di gamer che sbancano tutto, di compilation di sproporzionate frustrazioni.
Il risultato è che ad oggi l’intero panorama dei canali digitali (che sia Instagram, Twitch, TikTok o YouTube) è in larga parte dominato da clip in cui la gente butta dei soldi nel cesso per il gusto del gioco, o per cercare di creare un momento memabile che viva a lungo — ma anche da questo cane streamer che parla in italiano ed è in positivo di 5 dollari su “The Dog House Slot”:
Comunque: di dibattiti sul gioco d’azzardo in streaming nella comunità di Twitch se ne fanno già da mesi. La novità è che negli ultimi giorni ci sono stati un paio di eventi rilevanti di cui forse è il caso di parlare un attimo. Namo di nuovo.
“Chi dorme non piglia bonus”
xQc lo abbiamo citato poco fa: è uno dei primi tre streamer al mondo, grazie a Twitch avrebbe tirato su tipo 8 milioni di dollari in un paio d’anni, ed è famoso per le sue sessioni di “Overwatch”, per le sue reaction, e per i meme della sua community.
Negli ultimi mesi, subito (o forse in qualche modo stimolato) il trend delle slots stream, xQc ha cominciato, smesso e poi ricominciato a giocare d’azzardo in diretta abbastanza assiduamente, fino a farne uno dei suoi contenuti principali.
Succede però, un paio di settimane fa, che lo streamer si confessi in diretta: che ammetta di avere un problema col gioco d’azzardo, e che nel solo mese d’aprile abbia fatto fuori, fra slot e casino virtuali, una cifra vicina al milione e nove di dollari— tag under: mecojoni.
Preoccupato dall’andazzo, qualche giorno fa il padre dello streamer lo ha poi telefonato in diretta per chiedergli se fosse tutto apposto, se avesse bisogno di aiuto, quelle cose lì da papà.
“Vai tranqui”, gli ha risposto brevemente. Ti metto il video qui:
Non è la prima volta che uno streamer ammette di avere un problema avvicinabile alla ludopatia (del tema, se ti interessa, avevo scritto qui su VICE nel 2014).
L’eco delle polemiche in giro per il mondo, comunque, ha in qualche modo rimestato la pentolaccia del Twitch italiano, e così nelle ultimissime settimane, soprattutto a causa di uno dei canali più seguiti — quello del Cerbero Podcast — le gambling live sono tornate ad essere un tema anche e soprattutto in relazione alla scena nostrana.
Succede infatti che qualche giorno fa, durante una diretta, i tre del Cerbero abbiano mostrato il video di uno streamer che accusava altri streamer, tra cui Il Gabbrone, di scommettere online con “soldi falsi” — nel senso di soldi messi a disposizione da siti di online gambling e agenzie correlate, con finalità in qualche modo pubblicitarie. Accuse, comunque, prontamente smentite.
Del Gabbrone abbiamo già parlato qui: è stato per diverso tempo uno degli streamer più noti della categoria “IRL”, e lo si vedeva spesso in live sui Navigli a chiedere sigarette e a lanciarsi in balletti celebrativi.
Arrivati ad oggi, il Gabbrone è noto soprattutto per la ferra programmazione a base di casino virtuali, slottine e robe del genere, e ha da tempo lasciato le strade per cominciare a stremmare — da quella che chiama spesso la “tana del ludo” — delle lunghissime sessioni di gioco che la sua community ormai conosce, per sua stessa definizione, come “stream ludopatiche”.
L’accusa generica al mondo degli streamer — e secondo alcuni circostanziata da varie testimonianze — vorrebbe che qualche sito e/o agenzia di scommesse avrebbe proposto ai creator degli accordi di collaborazione. E che parte di questi giochino d’azzardo online, beneficiando di saldi particolari o guadagnando da link di affiliazione, promuovendo la diffusione di quegli stessi portali di gambling attraverso le loro partite in diretta.
Necessaria parentesi sui link di affiliazione: si tratta di indirizzi Internet forniti da un servizio o un’agenzia a un creator (spesso a sotto pagamento), affinché quest’ultimo li condivida con la sua community (in questo caso su Twitch ma anche Discord, come spesso accade) per portare nuovi clienti a quel dato portale.
Spesso succede nel mondo dei blog letterari, per esempio: un blogger cita un libro, inserisce un determinato link di affiliazione che porta su un sito dove è possibile comprarlo, e riesce a guadagnare una percentuale sull’acquisto effettuato dall’utente che clicca sul quell’indirizzo.
Nel caso di cui stiamo parlando, i link di affiliazione punterebbero in genere verso pagine d’iscrizione a servizi di giochi d’azzardo online. E secondo la ricostruzione fatta dallo streamer NanniTwitch, per ogni nuovo iscritto che fosse riuscito a generare, al creator responsabile della diffusione del link d’affiliazione verrebbe addirittura offerta una quota sulle sue future vincite.
Da qui, il sospetto che l’interesse di alcuni streamer per questo tipo di contenuto non sia totalmente genuino — e che si tratti, sostanzialmente, di pubblicità 🤗🤗🤗
Momento Law & Order, in Italia la pubblicità a servizi di gioco d’azzardo e scommesse è severamente vietata, sia online che offline. Esiste però una Piccola Zona Grigia che riguarda i “servizi informativi di comparazione di quote, le comunicazioni con esclusiva finalità descrittiva e la mera esposizione delle vincite” — cosa che permetterebbe agli streamer di pubblicizzare de facto il gioco d’azzardo.
E così anche senza dirlo o magari farlo esplicitamente, i creator rischiano potenzialmente di generare contenuti pericolosamente vicini alla pubblicità a servizi di gambling, senza però commettere formalmente alcun tipo di reato, e persino muovendosi in uno spazio consentito e categorizzato dalla piattaforma ospitante.
Tornando a noi: incalzato dai tre del Cerbero, Il Gabbrone si è difeso spiegando di essere trasparente e onesto, e di aver sempre dichiarato di condividere dei semplici link di affiliazione come consentito dalla legge — e come tollerato anche da Twitch, che su questo si rimette alla legge italiana, pare di capire.
Commentando più in là la sua apparizione al Cerbero Podcast, tuttavia, Il Gabbrone si è lasciato andare in un’amarissima confessione, ammettendo in lacrime di avere un problema col gioco (come già aveva fatto nel luglio 2021), di essere arrivato al punto di aver perso 16mila euro in pochissimo tempo, e di essersi persino nascosto in bagno per recuperare le perdite fatte nel suo “momento più basso”.
Di questa vicenda e di live “ludopatiche” in certi circuiti si parla ormai da giorni, persino da mesi.
Mentre scrivo sono le 19.00 di venerdì 20 maggio: su Twitch la categoria Slots è la seconda più seguita in Italia, e Il Gabbrone sta urlando da ore davanti a “Crazy Time” in una diretta dal titolo “Chi dorme non piglia bonus”.
Perché?
In questi giorni ho letto un botto di articoli di giornali italiani su giovani e ludopatia. Gran parte di questi dicono che:
È colpa di Internet;
È colpa degli smartphone;
È colpa della pandemia,
È colpa di questa generazione senza tempra e guide morali;
Alcuni di questi addirittura accostano il “numero di ore passate davanti ai videogame” alla presunta crescita della popolarità dei giochi d’azzardo tra i giovani italiani — che è comunque un dato, e che secondo ricerche Nomisma del 2021 avrebbero coinvolto il 42 percento dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni, sviluppando nel 9 percento anche casi di pratiche problematiche.
Non ho voglia di buttarmi in un criticone su alcune semplificazioni giornalistiche — alla fine, chissene. Voglio però provare a spiegarmi un paio di cose con un piccolo ragionamento “contenutistico”, diciamo.
Parto da una bislacca teoria che, se ricordi, avevamo velocemente accennato qui intervistando KingAsh: quella per cui, SECONDO ME, nel mondo dei contenuti digitali di successo oggi esistano quasi esclusivamente solo due tipologie di contenuti:
Quella degli “explainer” (ossia le robe tipo “Come si fa la carbonara”, ma anche “Cosa succede in Ucraina”, “Cos’è il vaiolo delle scimmie”)
Quella delle “reaction” (“Vediamo insieme Il Collegio”, “Cose che è meglio NON FARE a Roma”, “Napoli-Empoli **vegogna fate schifo** REAZIONE EPICA”)
Ecco: se ammettiamo che questa teoria abbia senso — e tralasciamo il dato storico per cui il gioco è avvolto da sempre da un fitto coltrone di fascino — il grande successo delle dirette a tema azzardo si spiegherebbe anche col fatto che assistere alla reazione di qualcuno, ancor meglio se spropositata e senza controllo, è attualmente una delle forme di intrattenimento più vincenti nell’offerta contenutistica digitale (di rabbia e viralità avevamo parlato anche qui qualche mese fa).
E che quindi giocare, alla fine, per qualcuno paradossalmente paghi.
È chiaro che, così facendo, sempre più streamer rischiano di avvicinarsi pericolosamente allo sdoganamento totale delle pratiche ludopatiche — specie se pensiamo al fatto che nelle clip dei freebooter spesso vengono escluse le sconfitte, inducendo pericolosamente a pensare che chi gioca vinca quasi sempre.
È altrettanto evidente, però, che lo fanno perché essere buffi quando si perde diverte il pubblico, perché per alcuni è il loro “lavoro”, e banalmente perché possono.
E quindi chiudo con questa: parliamo da anni di creator economy e ci diciamo che siamo tutti creatori di contenuti — in quanto semplici utenti di un social, e dunque “cittadini digitali”. Siamo tutti in grado di produrre video e foto, di lanciare i nostri piccoli trend, di diventare potenzialmente virali, le nuove star di una determinata piattaforma.
Questa cosa ci può capitare su Twitch, per esempio, così come è capitato più o meno a quasi tutti gli streamer più noti: ritrovarsi a essere rilevanti dal giorno alla notte, perché magari si è imbroccata la tendenza del momento, o si è creato un filone insospettabilmente fortunato.
Quindi dico io: nel contesto citato, possiamo forse demandare agli stessi utenti/creator delle piattaforme digitali di autoregolarsi su determinati temi, di non farsi ingolosire dalle occasioni contenutistiche, o di programmare la propria offerta basandola su un’auto-indotta decenza morale, laddove sono già le piattaforme a non fissare confini chiari e a sparire tra i lost in translation delle varie legislazioni dei paesi in cui opera?
Possiamo farlo? Sec me no.
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