Ciao,
Io sono Vincenzo e questa è zio, la newsletter che ti tiene al corrente di cose che stavi ignorando o cercando di evitare, ma che in qualche modo sono rilevanti per chi è più giovane di te. Iscriviti qua:
Che mi dici? Io niente. Anzi, ti dico questo: dopo aver fatto un giro alle prove generali del metaverso e aver conosciuto le turbolente nottatacce live di Gskianto, è arrivato il momento di parlare di un’altra cosa molto impo.
Impo perché è grandissima parte di ciò che offre il panorama dei contenuti video di Internet, la stella polare di quasi tutti i creator, l’espediente narrativo numero uno. Promettimi che non ti arrabbi.
Cosa sono tutte ‘ste reaction?
Facciamo un esperimento. Prova ad aprire YouTube, Twitch o TikTok, e mettiti a esplorare a caso per una quindicina di minuti.
Quante reaction hai beccato? Io dico otto.*
Definiamo reaction: sono video in cui l’autore ha una camera puntata addosso e reagisce a cose, solitamente in tempo reale. Queste cose possono essere esperienze, film, notizie, ma anche altri video.
Molto spesso, anzi, le reaction sono semplicemente dei video in cui c’è gente che guarda altri video. Ti metto un po’ di esempi così ci capiamo subito:
Reaction al Collegio o ad altri programmi tv (Temptation Island, L’isola dei famosi, La caserma);
Reaction a cibi, a oggetti antichi, a format altrui, a QUALSIASI COSA.
Facciamo un po’ di storia veloce, dato che il successo di questo genere non è nulla di nuovo: video di commenti e reazioni esistono da tempo, e da quasi un decennio si pensa che il canale che ha portato le reaction a un livello superiore di notorietà sia stato quello dei Fine Brothers.
Si tratta di due youtuber della primissima ora che col tempo si sono specializzati in questo settore: una decina di anni fa hanno creato il canale “React”, e hanno cercato di farne un brand (“React World”) con l’intenzione di diventare i capi assoluti del genere e monopolizzare la parola stessa mettendola sotto trademark — non è andata benissimo.
Di “React” (canale che ad oggi conta comunque 20 milioni di iscritti e 11 miliardi di views totali) ricordi sicuro questo video di qualche anno fa, in cui dei ragazzini reagiscono a Windows ’95.
Da allora abbiamo reagito a tutto.
* Numerazione arbitraria
Ma perché le reaction?
Per dire: a un certo punto, qualche anno fa, intere media corp ne hanno fatto il centro del loro piano editoriale.
Eppure, parallelamente ai vari BuzzFeed, il modello delle reaction è diventato sempre di più uno stimolo anche per creator “individuali”, fisiologicamente attirati dal “trend” e da una vantaggiosa analisi costi-benefici.
Immagina — per esempio — di essere uno youtuber che comincia da zero, senza due cent e con attrezzatura minima: fare reaction può portare solo vantaggi, oggettivamente. E te ne dico cinque a caso, giusto per convincerti meglio:
Facendo reaction le idee per nuovi contenuti sono praticamente infinite;
Le reaction sono facili da “scrivere”: ti basta scegliere un video, guardarlo e dire cosa ti passa per la testa;
La loro produzione è piuttosto agevole e cost effective: camera in faccia, montaggio essenziale, finito;
Ti può capitare di parlare della cosa giusta al momento giusto e beccare qualche corrente ascensionale nell’algoritmo;
A volte fanno buoni numeri. E i buoni numeri, a volte, portano guadagni.
Su questo sito hanno cercato di spiegare a grandissime linee come funziona la loro monetizzazione: bisogna stare attenti al tipo di contenuto che si sceglie di mostrare e commentare; accertarsi che non sia sotto copyright (e se lo è, far sì che non sia visibile nella sua interezza e a schermo intero); provare a raggiungere le quattromila watch hours e i mille iscritti.
A quel punto si può aderire a un piano adsense, e quindi a ̷l̷u̷c̷r̷a̷r̷e̷ ̷a̷v̷i̷d̷a̷m̷e̷n̷t̷e̷ ̷s̷u̷l̷l̷a̷ ̷p̷r̷o̷p̷r̷i̷a̷ ̷s̷p̷o̷n̷t̷a̷n̷e̷i̷t̷à̷ ̷e̷n̷f̷a̷t̷i̷z̷z̷a̷n̷d̷o̷n̷e̷ ̷i̷ ̷c̷o̷n̷n̷o̷t̷a̷t̷i̷ cominciare a guadagnare con la pubblicità e i pre-roll.
In questo pezzo di ArsTechnica del 2016 Valentina Palladino cerca di spiegarsi il fenomeno da un punto di vista “psicosociale”.
L’autrice cita un famoso studio di ricercatori italiani risalente agli anni Novanta, e relativo a un esperimento sui macachi e il loro rapporto con empatia e neuroni specchio.
Detta veloce: vedere dei simili ragire in modo più o meno spontaneo, senza mediazioni e attraverso sentimenti istintivamente riconoscibili, ci porterebbe a instaurare un legame ancora più profondo di immedesimazione — in questo caso sia con l’autore, che con l’oggetto stesso del video.
“I neuroni specchio si attivano se — per esempio — sollevi una tazza, ma anche se vedi qualcun altro farlo”, spiegava la neuroscienziata Lisa Aziz-Zadeh alla giornalista.
Il sospetto, quindi, è che stimolare azioni con la sola visione delle stesse possa contribuire non solo a replicare — banalmente — un movimento, ma anche a influenzare il social understanding di quella persona in un determinato contesto.
Ti rivedi in chi urla o in chi bestemmia? Risp
Ma torniamo al 2021, ci tocca. Abbiamo tutti il raffreddore — come minimo —, su Twitter uno Space che manda in live una playlist di parodie dedicate alla Roma diventa virale, e su YouTube OGNI video recente ha un’immagine d’anteprima (o thumbnail) in cui lo youtuber stesso, o qualcun altro, fa una faccia tipo così —> 😲
Lo cito perché, sempre su Twitter, esiste questo bel profilo che si chiama “YouTube thumbnails”. Raccoglie le anteprime dei video in un unico flusso randomico e giornaliero, e spesso sono fatte esattamente come ti dicevo su: scrittona, facciona, cliccone. Eccoti un esempio a caso:
Sono reaction anche queste, alla fine. Sono immagini che puoi sentire* anche senza cliccarci sopra, a prescindere dal titolo. E io la vivo come una specie di clickbait dell’inconscio.
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In Italia le reaction — per come le stiamo intendendo — si sono affermate soprattutto con le ultime tre/quattro edizioni de Il Collegio, show del quale abbiamo già parlato ampiamente, e che ogni anno genera decine e decine di contenuti “collaterali” con numeri superiori alla media.
Ti lascio qualche dato. Se provi a cercare “Reaction Collegio” su YouTube trovi un centinaio di video da milioni e milioni di visualizzazioni.
Seguono quasi tutti lo stesso identico schema:
Riprendono le stesse puntate (ossia tutte, con focus sui “provini”);
Si soffermano sugli stessi highlight (esempio: collegiale che non sa quando è stata istituita la Repubblica, collegiale che piange perché le tagliano i capelli);
Seguono l’evoluzione delle varie trame con la stessa espressione di incomprensione e disgusto;
Prorompono nello shock e nella disperazione nel medesimo modo, molto spesso enfatizzandone i tratti e finendo col riprodurre espressioni che ricordano più la mimica nordamericana che la gestualità italiana;
Quasi tutti. Da anni. Su YouTube — appunto — ma anche su TikTok e Twitch. Principalmente, su Twitch.
E infatti è nel mondo delle live streaming che il modello delle reaction forse trova la sua casa ideale. Intanto, perché vedere un video di “terzi” ti dà la possibilità di avere un contenuto da commentare insieme alla chat, dandoti lo spunto per portare avanti la diretta.
In più, ti permette di catturare l’attenzione di chi “passa di lì” e si accorge che sul tuo canale si sta guardando e commentando un argomento “di tendenza”.
Infine, perché le reazioni in live — dello streamer e della propria community — sono certamente più spettacolari e spontanee di un video editato e poi riversato su YouTube. Altro esempio:
IlMasseo fa entrambe le cose. Usa promiscuamente sia Twitch che YouTube per rilasciare le sue reaction, e lo fa con profitto da anni: quelle dedicate al Collegio sono alcuni dei suoi video più famosi, e raggiungono anche i 4 milioni di views.
Vorrei però darti un’idea più precisa di cosa voglia dire — per una parte rilevante della comunità italiana online — questo tipo di contenuti, e cosa intenda esattamente con “con profitto” come dicevo sopra.
Partiamo da qui: da qualche edizione de Il Collegio, IlMasseo — veneto del ‘94, e uno degli streamer più seguiti — chiede pubblicamente che si raggiunga un certo obiettivo in termini di subs (abbonamenti) al suo canale Twitch, pena la non-reazione alle puntate del programma.
È partito chiedendone 5mila, è passato poi per 10mila. Quest’anno ha chiesto di raggiungere le 17500 subs, e ce l’ha fatta ampiamente — ti segnalo che ogni subs costa almeno 4,99 dollari.
Mettere sul mercato un contenuto “su richiesta” è un’operazione che un creator può permettersi solo dopo anni di costruzione di una narrativa.
E nell’immaginario collettivo di un certo Internet italiano, IlMasseo è quello che reagisce di botto, si scalda per nulla, si accende davanti al trash, usa un linguaggio **colorito** — sebbene capace di ponderate uscite dal personaggio, ne abbiamo già parlato qui.
Alcune delle sue reazioni (specie durante partite di Fifa o Pokèmon) sono diventate meme abbastanza celebri, trasformandolo in una specie di topos che finsice per saltare i confini delle sue piattaforme e renderlo personaggio negli archi narrativi altrui — come in questo video in cui “segrega” dei tiktoker.
Occhio al linguaggio, se ti infastidisce.
IlMasseo, in questo panorama, è quello che non solo reacta: sbrocca. È il capo delle rage clip. E qui veniamo al punto.
Cosa sono le rage clip?
Lo capisci già dalla parola: sono video in cui la gente si arrabbia — laddove per gente continuiamo a intendere l’autore stesso del video.
È come se fosse un sottogenere dei reaction video, la sua versione già pronta per diventare meme, ma più incazzata.
Le trovi su Instagram, su TikTok, sotto forma di rage compilation su YouTube. Si tratta solitamente di gamer (spesso di Fortnite) che reagiscono live e in modo incontrollato a un intoppo (un errore nel gioco, una sconfitta, robe così), e lo fanno così platealmente da venire poi clippati.
Ma vediamo subito un contributo 👓
Quella qui sopra è la reaction di una rage compilation (benvenuti dentro Tenet 👍), e riprende in gran parte degli euforici slanci di rage quitting (parola che qualcuno ha inventato, e che non so quanti effettivamente utilizzino, che definisce l’abbandono plateale di una partita finita in merda).
Su Cnet qualche tempo fa Ian Sherr ha cercato di fare le analisi del sangue a questo mondo per capire ragioni del successo e potenziali casini.
Sherr fa vari esempi, ne estrapolo giusto due per avviarci alla conclusione: 1) lo storico youtuber Boogie2988, secondo cui il grosso starebbe nel trovare qualcosa per cui incazzarsi e farlo in camera per dieci minuti perché “alla gente piace la negatività”; 2) Jishonna Gray, Assistant Professor dell’Illionois University e autrice di “Race, Gender, and Deviance in Xbox Live”.
Secondo Gray, assistere a contenuti di questo tipo potrebbe persino avere un effetto quasi “catartico e terapeutico”, se non fosse che i meccanismi che decidono quando e come mostrarceli tra i video correlati e nei risultati delle ricerche non sono effettivamente controllabili dagli utenti al cento percento.
Forma alternativa di rage quitting per sottrazione.
“Google e YouTube — scrive Sherr nel descrivere la preoccupazione di Gray — aggregano questi video in playlist automatiche e super facili da consultare, in cui si avvicendano solo video amarissimi, uno dietro l’altro, senza tregua” in una specie di spirale del rancore gratuito.
Ti dirò: io non ho davvero un giudizio su questa cosa. Volevo solo concludere su una nota cupa. Intanto ti auguro un buon weekend, ci risentiamo prestissimo.
Prima o poi dovevamo parlarne, magari più in là approfondiamo qualche passaggio. Intanto ti dico questo: ti va di approfondire il tuo portafogli e offirmi 2 euro? zio resta gratis eh, ma puoi contribuire cliccando sul bottone qui sotto (grazie a chi l’ha già fatto 💘).
Infine, solite cose: numero uno, mi trovi su Instagram, Twitter o Linkedin. Numero due, controlla le “spam” e le “promozioni” della mail. Tre: qui tutti gli altri episodi.
Ciao ciao
Si però non hai citato l'inventore italiano della rage e delle reaction. il Magnotta. Roba da scherzi al telefono, da audio cassette che girano tra amici. Altrochè Youtube. Ennamo no