Siamo già finiti nel metaverso lo sapeevoo
Chi è SpJockey? E perché nessuno sa chi sia? Adesso tu sì.
Ciao,
Io sono Vincenzo e questa è zio, la newsletter che straparla di cose digitali rilevanti nelle vite dei giovanissimi, per il solo gusto di farti sentire un po’ più vecchio. È così.
Come te la passi? Io benone dai. L’ultima volta ti ho raccontato una storia — un po’ personal e un po’ distopia — sullo streamer Gskianto che stacca per sfinimento la sua maratona Twitch dopo settimane di live ininterrotta.
Oggi mi ronzano un po’ di cose in testa. Le metto in fila qui sotto. Pericolo: svarione.
Internet = morto
A fine agosto The Atlantic ha pubblicato un pezzo in cui Kaitlyn Tiffany parlava di una bizzarra teoria semi-cospirazionista secondo cui Internet, qualche anno fa, sarebbe morto. Finito. An-da-to.
Stando a questa credenza di nicchia — che circola un po’ come meme, un po’ come paranoia — buona parte di quello che vedremmo online oggi sarebbe in realtà prodotto da intelligenze artificiali, e quindi fake.
Questo perché in rete cinque anni fa ci sarebbe stato il definitivo “sorpasso” dei contenuti generati da IA nei confronti di quelli umani, rendendo praticamente impossibile capire se un contenuto sia stato creato da un bot, o da un algoritmo, o dalle tue manine sante di persona in carne ed ossa.
Ook.
Mi fa spaccare l’inizio del pezzo. Dice: se provi a cercare “Che odio messaggiare” (“I hate texting”) su Twitter e ti metti a scrollare, ti ritrovi subito davanti a una sequenza infinita di tweet da decine di migliaia di like tipo:
“Che odio messaggiare, vorrei solo tenerti per mano”
“Che odio messaggiare, andiamo a vivere insieme e stop”
“Che odio messaggiare, perché non posso baciarti e basta?”
Un muro infinito di post, tutti costruiti sulla stessa vincente formula super relatable che tiene insieme gli amori adolescienziali e il vivere nell’epoca degli smartphone.
Ma soprattutto: tutti UGUALI. Così tanti che qualcuno si è fatto venire il dubbio: e se fossero delle intelligenze artificiali? E se fosse LA PROVA? “What if the dead-internet theory is real?”
Capiamoci subito: è pur vero che da anni, quanto meno in termini di traffico, le visualizzazioni sui siti internet sarebbero in gran parte “automatizzate”, quindi effettivamente generate da bot.
E va bene pure che si tratti di una teoria “suggestiva” che richiama l’altrettanto suggestivo classicone della ribellione delle macchine.
Ma insomma, mi sento di dirmi scettico. Andiamo avanti.
Chi è SpJockey?
Qualche giorno fa tra le “tendenze” di YouTube (ossia una classifica costantemente aggiornatata dei video top 50 che tiene conto di una serie di dinamiche su quantità e qualità delle views ottenute) sono spuntate diverse clip pubblicate dal canale “SpJockey”.
Si tratta di un noto e storico youtuber italiano che presidia la piattaforma da una decina d’anni, che ha raggiunto la sua fetta di viralità nel 2016 con una canzone-parodia da 13 milioni di views dal titolo “Paperella Gay” (sic!), e che negli ultimi tempi si è specializzato su Minecraft — prima di scomparire per qualche mese.
Inciso Minecraft, per essere tutti sulla stessa pagina: è un gioco uscito una decina di anni fa in cui sei dentro uno scenario totalmente percorribile e visitabile (un open world), e vai in esplorazione per il gusto di scoprire i vari mondi, per trovare risorse e oggetti, per sopravvivere, per costruire cose.
L’hai visto sicuro, è quello dove tutto è mega squadrettato: ci si gioca online, e vi si possono allestire universi interi, creare opere d’arte, disegnare peni giganti, inventare delle missioni, usarlo come scenario per altre cose ancora.
Pur essendo uscito letteralmente da una decade, Minecraft è ancora strarilevante: secondo Polygon sarebbe IL gioco del decennio, in termini di entrate economiche sarebbe “the most successful videogame franchise ever”, ed è uno dei titoli più streammati su Twitch, più ripresi su YouTube, più memati su TikTok.
Il mondo creato dallo youtuber Surry che ospita vere opere di artisti, diventando “museo”.
Ma SpJockey, dicevamo. Il ragazzo ha concentrato la sua produzione video su Minecraft da qualche annetto. Ad oggi gestisce un canale da un miliardo e ottocento milioni di visualizzazioni e quasi due milioni di iscritti, e qualche giorno fa ha scalato le “tendenze” con un paio di video in pieno “stile SpJockey”.
Eccone uno qui sotto:
Definiamo “stile SpJockey”: si tratta di clip in cui Sp e il suo amico LuCa_0 se ne vanno in giro per il loro mondo di Minecraft a fare cose goffe, a finire nei guai, a bisticciare per ragioni pretestuose e a farsi scherzi, mentre parlano in voice over con un tono buffo e mega macchiettistico.
È sostanzialmente un gameplay (ossia una sessione di gioco riproposta in video e magari commentata), ma è diverso. Perché loro non stanno “giocando”, nel vero senso (si parla infatti di “nonlinear gameplay”), non ci stanno mostrando una loro “partita”.
Stanno ricreando dinamiche narrative tipiche di YouTube. Su Minecraft, ok, ma usandolo solo come scenario. Come fosse il loro set, non l’oggetto stesso del video.
Per dire: alcuni dei loro più grandi successi si basano sullo scegliere e litigare tra pizza o sushi, tra ricco e povero, tra costruirsi una casa tradizionale o una casa moderna (“Facci sapere cosa ne pensi nei commenti”).
Oppure, sul muoversi in contesti e scenari che però sono stati chiaramente “allestiti” prima di andare “in scena”, così da poterci poi incappare e costruirci sopra una storia — che so, finire in una voragine, o trovarsi davanti un pagliaccio killer, o risvegliarsi in una prigione, o scappare da una scuola.
Tutto all’interno di un video che quindi sembra pensato e “scriptato” come fosse girato nel mondo reale per un normalissimo canale YouTube, con i suoi codici, i suoi argomenti, le sue regole. Persino le sue espressioni facciali.
Caratteristica numero 2 di SpJockey, infatti: non solo lo sentiamo fuoricampo a commentare con la voce di un pupazzo alla BimBumBam, ma ne vediamo sempre una specie di “volto digitale” (con una papera in testa) che di tanto in tanto appare agli angoli dello schermo, muove le labbra più o meno in sync con le parole, reagisce furiosamente alle cose che fa e vede, e subisce buffe trasformazioni grafiche come nelle più classiche reaction clip di YouTube.
In una frase, è un avatar di YouTube che commenta un avatar di Minecraft. Mia testa: 👋👋👋
Nessuno ha mai visto SpJockey: è da anni al centro di teorie e misteri, e di tanto in tanto spuntano video in cui qualcuno lo doxa (rivelandone l’identità), lo dichiara morto, giura di averlo scoperto, o di sapere che tornerà presto.
Lui stesso è scomparso per un annetto prima di tornare proprio qualche giorno fa, e di riempire le tendenze coi suoi video quasi-giornalieri.
Il video del ritorno dopo un anno.
E quindi: siamo davanti al caso di avatarone animato in stile “Nintendo 64” che riproduce quasi industrialmente tematiche contenutistiche ed espressioni umane tipiche di YouTube, senza che nessuno l’abbia mai davvero visto.
“Most of the internet is fake”, diceva quella teoria. E io dico: non trovi anche tu che la presenza-assenza di SpJockey, e la sua incredibile capacità di aderire quasi scientificamente agli stili dell’Internet, possa essere la prova che Internet sia MORTO DAVVERO?
Non pensi che il suo faccione spixelato possa essere il volto, in realtà, di una raffinatissima intelligenza artificiale in grado di riprodurre gli umani e i loro video trending? EH?
Crafto cose, vedo gente
Eh eh ehe dai scherzo. Davvero, non ci credo seriamente 🙂🙂🙂
Piuttosto, il tema del ricreare contenuti che sembrano pensati per la “vita reale”, ma fatti su una piattaforma come Minecraft — e come se quella piattaforma in realtà non fosse l’oggetto stesso del video — mi fa un attimo schizzare il cervello.
Non è una novità, capiamoci. Ma mi fa fare collegamenti velocissimi.
Per dire: proprio in questi giorni è uscito un libro (“Alla ricerca del pet leggendario”) costruito tutto attorno agli intrecci narrartivi creati da Roby, una creator siciliana stragiovane specializzata in storie su Roblox (e sorella di un’altra youtuber, ancora più giovane).
Incisino necessario su Roblox: è un altro gioco open world (o come i suoi creatori preferiscono definirlo, piattaforma esperienziale) all’interno del quale puoi creare dei tuoi mondi, ma anche degli altri giochi, delle feature speciali, o degli strumenti.
Fabbricare queste cose può farti guadagnare dei soldi (i Robux): non a caso più di 42 milioni di persone ci giocherebbero QUOTIDIANAMENTE, e i suoi sviluppatori ci starebbero guadagnando centinaia di milioni secchi.
Anche qui: non è che ci si “giochi” come intendiamo noi ANZIANI. Si sta sul server, si va in giro, si fanno robe con gli amici, si creano scenari. Roby lo fa da più di un anno, ha già raggiunto 240 milioni di visualizzazioni, e la possibilità di presentare di recente il proprio libro al Lucca Comics — da appena diplomata.
Prenditi un attimo per pensaere a te diciottenne. Ora ripensa a lei. Andiamo avanti.
Nel caso di Roby lo stile è un po’ diverso da quello di SpJockey, così com’è diversa la piattaforma: il suo standard è presentarsi con una felpa con le orecchie da orso sul cappuccio, inscenare e raccontare storie da lei ideate, da lei doppiate, da lei pubblicate, con un tono pensato per un target anagrafico forse ancora più basso rispetto a quella di Sp, ma con una community già piuttosto nutrita e un set-up più simile a quello degli streamer.
Praticamente i “Me contro Te” se avessero cominciato da Twitch.
Qualche suo video, per capirci:
“DIVENTO BAMBINA E MI FIDANZO SU ROBLOX”, in cui racconta e interpreta un’intera saga su — appunto — il suo personaggio che trova l’amore;
“ADDIO ROBLOX PER SEMPRE”, in cui fa uno scherzone epico ai suoi amici facendogli credere che Roblox avrebbe chiuso il giorno dopo;
“IL MIO EX MI BACIA PER SALVARMI LA VITA SU ROBOX”, ci siamo capiti.
Si tratta di piccoli drammi di finzione, di avventure con personaggi reali o meno. E anche qui, di contenuti che riprendono su una piattaforma digitale dei format che sono dei classici sullo YouTube del “mondo reale”, come nel caso del classico esperimento sociale del fingersi poveri per capire fin dove arriva il cinismo delle persone:
I “pet” sono degli animaletti da collezione usati come valore di scambio.
Alla fine non stupisce. Per esempio, c’è questo professore canadese che sostiene che robe come Minecraft potrebbero aver aiutato i propri studenti a scrivere meglio.
Dice che sarebbe bastato fargli costruire un’avventura e crearci una storia per aiutarli a essere più sciolti nella scrittura, ad allargare il proprio vocabolario, a sentirsi un po’ più fieri e un po’ meno in imbarazzo nel riportare a penna — o su schermo — le cose che ti passano per la mente.
Ti segnalo poi un altro libro uscito di recente da questo pianetone: quello di Kendal, youtuber specializzato in Minecraft da milioni di views e di iscritti. Si chiama “Intrappolato nel mondo virtuale”, e io sto continuando a vedere collegamenti ovunque.
Nei suoi video, anche Kendal fa un po’ quello che ci siamo detti finora: ripropone situazioni buffe con gli amici, fa un po’ di gameplay, riprende content tipici di YouTube, e li ripropone all’interno del suo mondo, alla sua maniera.
Guarda il video qui sotto, per dire: ti sta insegnando a fare dei prank agli amici, come si fa da secoli su YouTube. Però lo fa su Minecraft, ricreando scene chiaramente studiate ad hoc, ma presentate come fossero reali, come se tutto fosse casuale, come se la reazione agli scherzi fosse genuina, e non — chiaramente — simulata.
Tra l’altro il video di lancio del suo libro è in realtà uno pseudo-trailer di uno pseudo-film ambientato dentro Minecraft, ma evidentemente prodotto in computer-grafica — e non “girato” su Minecraft.
Sono io, o tutto cospira verso il metaverso dei contenuti?
Eccoci qua
In una lunga diretta di un’ora e quindici, proprio qualche giorno fa il presidente della Repubblica Mark Zuckerberg ha presentato la sua ultima trovata per farci dimenticare questo mondo — e quello pieno di buongiornissimi e complottoni che ha creato online — cambiando il nome di Facebook in “Meta” e introducendoci al concetto di “metaverso”.
In futuro ce ne staremo tutti dentro a una nuvola animata, secondo lui, consegnando di buon grado alcuni dei nostri dati, ma fruendo di servizi che brand e content provider non vedono l’ora di testare e mettere a repertorio. Niente di nuovo.
Dico io: alla fine, se ci pensi, forse finora abbiamo parlato di uno dei cento futuri possibili di ‘sto metaverso. E non mi riferisco a esperimenti di comunicazione velleitari o di esibizioni musicali già testate su Fortnite: parlo proprio di un futuro in cui il mezzo è nuovo, ok, ma il contenuto è lo stesso di sempre.
Parlo di ritrovarsi in un’altra dimensione, eppure continuare ad abbufarsi di views grazie a video in cui si litiga su pizza e sushi, in cui si fanno scherzoni, in cui si finge di essere poveri per strada — che sia quella del metaverso o meno.
Magari non succede davvero, magari sì. Intanto ti faccio una domanda: hai mai visto un tiktoker in carne ed ossa? Ne hai mai visto uno girare e montare un TikTok lì davanti a te? Puoi davvero essere certo della loro esistenza? Io forse no.
E con questo è tutto, spero che il ragionamento sia un minimo filato, altrimenti risp alla mail con degli insulti. E novità, da questo settimana puoi lasciarmi due euro qui:
Se vuoi eh: è su base volontaria, zio resta gratis. Dopo un paio d’anni ci sta dai, non ti chiedo mai niente, per una volta che lo faccio fai così, va bene, hai ragione tu come sempre.
Come sempre, mi trovi su Instagram, Twitter o Linkedin. Come sempre, controlla le “spam” e le “promozioni” della mail, che ogni tanto zio ci si annida dentro. Come sempre, qui tutti gli altri episodi.
Ciao, buona giornata. Come sempre.
2 euro meritatissimi.