Diciamo che “maranza” è la parola del 2022
Come un'espressione da discotecari ha finito per saldare criminalità giovanile, doppi tagli e musica drill
Ciao,
Io sono Vincenzo e questa è zio, quella newsletter lì.
Come stai? Io tutto regolare, grazie: schivo le centinaia di TikTok in cui si passa col coltello sulla gratinatura dei cibi, e coltivo il gruppo di zio su Telegram come fosse un orticello di pomodori — vieni a iscriverti, se ti va 🎷
Il 2022 è stato un anno particolare, no? Ci siamo abituati a convivere con la minaccia nucleare, la destra è tornata al governo, e tu sei rimasta l’unica persona in Italia a non avere un podcast. Eppure, tra i vari eventi che si sono succeduti, abbiamo visto pian piano imporsi un termine apparentemente nuovo.
Così, dopo aver parlato di TikTok Live e aver capito quanto sia difficile provare ad esprimere un’opinione difforme rispetto alla massa, sto per introdurti la prima “Parola dell’Anno” nella storia di questa newsletter:
🥁🥁🥁
“maranza”.
Voglio dire: com’è nata? Quando si usa? E soprattutto, quanto manca a Fiorello vestito da “maranza” a Sanremo? Capiamo.
“Maranza”: un’investigazione
È l’estate del 2022, e sui giornali si parla ormai quotidianamente di allarme “baby gang”, tra un tweet in cui il rapper Emis Killa paragona Riccione a Marsiglia, e un appello di Chiara Ferragni su quanto a Milano — fra rapine e armi — la situazione sia “fuori controllo”.
In quelle settimane, propagato dal passaparola di TikTok, in rete rimbalza l’invito a un raduno chiamato “L’Africa a Peschiera del Garda”: un evento all’apparenza non autorizzato al quale parteciperanno circa duemila persone, e rivolto principalmente a italiani di origine africana e ad africani residenti in Italia.
Alla fine, secondo quanto riportato dai quotidiani, verranno registrati sia casi di violenze e molestie, che denunce sull’eccessivo uso della forza da parte della Polizia: l’evento finirà al centro della disputa politica, e verrà sfruttato da Matteo Salvini per proporre il ritorno alla leva obbligatoria.
Interessati dal fenomeno, e stuzzicati dalla sua portata politica e giornalistica, in quei giorni i media italiani cominceranno quindi a scandagliare TikTok e gli altri social network alla ricerca di contenuti relativi all’evento. Scoprendo probabilmente una parola con la quale cominceranno a familiarizzare, e che citeranno sempre più spesso parlando di emergenza sicurezza, di “spaventose passeggiate” e di “litorali invasi”: “maranza”.
Ricostruire la storia del termine “maranza”, dalle clip social ai titoli dei giornali, può aiutarci a capire meglio i meccanismi che animano la circolazione dei fenomeni della rete. O detta in altri termini, ci può spiegare cosa succede quando qualcosa di puramente digitale diventa altro, invadendo sia i nostri schermi che il nostro vissuto quotidiano. Partiamo da zero.
Per quanto possa suonare ultra-contemporanea, intanto, non si tratta di un’espressione nuova: come riporta anche Wired veniva già usata negli anni Ottanta nel milanese per identificare i cosiddetti “truzzi”, i “coatti”, i “tamarri” — ovvero chi, per riprendere la definizione data da Treccani, sarebbe noto per i “modi” e “l’aspetto rozzi, volgari”.
In rete, le sue più remote testimonianze risalgono agli anni Duemila: quando la si trovava facilmente accostata all’immaginario della musica dance commerciale, e utilizzata per designare i più assidui frequentatori dei locali notturni.
Di “prìncipi della techno maranza”, per esempio, parla nel 2009 La Stampa citando il duo elettronico Daft Punk, in un articolo in cui viene recensito il videogame Dj Hero, e in cui della parola si fa un uso abbastanza chiaro e tendenzialmente dispregiativo.
Con la formula “Maranza Ignoranza Anni 80-90”, invece, verrà intitolata nel 2013 una festa a Collegno e il suo relativo evento Facebook, nelle cui info viene citata la “tamarria delle giostre, dei calci in culo” e dei “tunza tunza tra Gabry e Gigi”, rifacendosi esplicitamente ai dj dance Gigi D’Agostino e Gabry Ponte.
E sebbene su YouTube esistano ancora i vari “Maranza Mix”, che contribuiscono a connotare uno stile e un’estetica ben definita, è però del 2012 forse il più luminoso esemplare di contenuto a tema: è “La danza dei maranza” di Alex Teddy e Dance Rocker, un inno italodance caricato sulla piattaforma solo nel 2018, che celebra il clubbing, la notte e il suo “popolo che danza”.
Apparentemente nota presso alcune nicchie musicali e nei sottoboschi memetici, la traccia ci conferma che “maranza”, almeno fino alla sua ultima diffusione online risalente a qualche anno fa, qualificava ancora un immaginario trash, “tamarro” nella sua accezione più discotecara. Un’idea di mondo chiara e distinta che cambierà pian piano in tempi più vicini ai nostri.
È infatti su Twitch, tra il 2019 e il 2021, che il termine comincerà a esser utilizzato diversamente e a connotare altro: forse sulla scorta di un creator in particolare, o forse in modo del tutto casuale, “maranza” verrà adottato da alcuni degli streamer più influenti della scena italiana (Homyatol, Il Gabbrone, Fabio Zeta) per contraddistinguere quei ragazzi da cui generalmente vengono importunati durante le dirette per strada (le IRL).
In rete, difatti, si trovano decine di estratti di live in cui l’assalitore di turno si avvicina e vessa il malcapitato streamer: c’è chi viene preso a schiaffi in diretta in pieno centro a Milano come Social Boom, chi deve chiamare la Polizia, chi finisce quasi per essere derubato a favore di camera.
In tutti i casi all’aggressore viene attribuito l’appellativo di “maranza”. E in tutti i casi si tratta di giovanissimi che si muovono in gruppo, sembrano particolarmente molesti, e portano spesso tute e smanicati.
La propagazione di queste clip avrebbe poi contribuito a far circolare il termine fuori da Twitch, saldando un immaginario tutto nuovo per chi — come i più giovani — ignorava completamente l’originale significato anni Ottanta di “maranza”, e costruendo da zero una figura nei fatti diversa da quella che le generazioni precedenti avevano disegnato con questo nome.
Di dance e tamarria, a quel punto, non c’è quasi più traccia.
A diffondere l’espressione in modo decisivo nei primi mesi del 2022 sarà quindi TikTok: ancora mentre scrivo, sul social cinese l’hashtag “#maranza” riporta più di 535 milioni di views, e altri 30 — per dire — ne colleziona “#maranza🥷”.
È qui che avviene la definitiva consacrazione del termine, che comincia a connotare parodicamente un tipo ben preciso di giovane:
Coi capelli ricci cadenti sulla fronte, o comunque col doppio taglio;
In tuta (meglio se Nike) o maglia da calcio;
Con piumino smanicato;
Nike TN ai piedi;
Immancabile borsello di marca a tracolla, la cosiddetta sacoche;
Affascinato dalla vita e dal lessico di strada;
Appassionato di drill, genere musicale che deriva dalla trap e che vede in Rondodasosa e Central Cee alcuni dei principali esponenti — di “grande raduno maranza” parlava Rockit qualche settimana fa, in occasione del concerto del rapper Paky “con tanto di rapina simulata a bordo di uno scooter sul palco”.
Ma soprattutto, è qui che — in qualche modo — la sua accezione diventerà principalmente ironica, come se nessuno potesse davvero autodefinirsi “maranza”: in uno dei meme più celebri, per esempio, si immagina che rispondano a una sorta richiamo acustico, accorrendo ogni volta che si riproduce l’intro del pezzo “Alicante” del rapper Gambino.
O ancora, in un altro, troviamo un bambino intervistato da un tiktoker specializzato nell’intercettare personaggi vicini a questa estetica, diventato virale per la sua critica ai rapper italiani “mangia-pasta”, per il suo modo di parlare (tra un “già lo sai!” e un “è chiaro!”) e per la sua attitudine da “baby maranza”.
Nonostante il valore parodico che sui social gli si è evidentemente voluto dare, il termine — tuttavia — finirà nella cronaca con accezione prettamente negativa, rinforzandoo il luogo comune ormai diffuso secondo cui, come scrive Daniele Polidoro su Wired, i “maranza” avrebbero una certa “tendenza a delinquere e, che tra loro, ci siano molti stranieri. Nordafricani soprattutto”.
Non a caso, in un reportage estivo dalla costa romagnola, si legge di:
Slang giovanile che ricorda tanto tamarro, minorenni o ventenni di origine straniera, nati in Italia o arrivati qui da bambini per ricongiungersi con le famiglie, cresciuti nelle periferie delle città con un'unica voce: la trap, l'estetica, il mito rabbioso della strada, la ricerca di una identità. Sono loro i "sorvegliati speciali" di questa estate in Riviera.
Si comincerà quindi a raccontarli come “bulletti 2.0 in cerca di risse” e “seguaci della trap a tutto volume”, o come “giovani che si muovono in gruppo con lo scopo di importunare turisti, passanti e coetanei per le strade”, saldando un presunto legame tra criminalità giovanile, provenienza e musica. Un “fenomeno antropologico” che, “partito dai social, si sta diffondendo ovunque nel paese,” facendo le prime apparizioni su una stampa locale spiazzata.
A Reggio Emilia — per esempio — l’espressione farà la sua comparsa per il caso che avrebbe coinvolto una pagina Instagram, “Reggio Maranza”, finita in un “polverone” per aver annunciato e poi annullato un’adunata in un centro commerciale. A Trieste, su alcuni media, per “maranza” si intenderanno invece solo “due gruppi di giovanissimi che di recente sono finiti sotto la lente degli investigatori triestini per alcuni episodi di cronaca”.
In Campania, così come in altre regioni, si parlerà più genericamente di fenomeno che “rischia di diffondersi anche in Costiera Amalfitana,” mentre a Bologna lo scorso ottobre si racconterà del centro commerciale “militarizzato” da forze dell’ordine che “hanno sciolto sul nascere ogni possibile assembramento da immortalare su TikTok alla voce ‘maranza’.”
Questo tipo di racconto ha poi probabilmente contribuito a diffondere un significato alternativo del termine, in parallelo a quello per lo più satirico nato sul web, finendo talvolta per entrare nel discorso politico.
Sulla testata di estrema destra legata a Casapound Il Primato Nazionale, nell’ottobre scorso, “maranza” viene per esempio usato come etichetta con la quale definire i protagonisti di alcuni presunti casi di cronaca in cui sarebbero coinvolti ragazzi di origini nordafricana.
Sul Giornale, da una Milano raccontata ancora come insicura e invivibile, li si cita come “equivalente milanese di coatto” tra teste spaccate e notti di terrore, mentre sul Fatto Quotidiano, in un blog, troviamo una lettera aperta al sindaco del capoluogo lombardo in cui si parla di “questi benedetti maranza”, “ragazzi vestiti come Sfera Ebbasta” in una corso Como ridotta a “Bronx”.
Articoli in cui i “maranza” diventano a tutti gli effetti gli iper-moderni protagonisti dei vari “allarme sicurezza” — sui cui dati reali peraltro bisognerebbe ragionare, come prova a fare Daniele Ferriero in un interessante articolo su VICE. E in cui il termine — alla fine — sembra diventare un sinonimo di “baby gang”, quasi come a voler rebrandizzare la presunta emergenza.
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Il tamarro. Ho chiesto ai miei nipoti e loro non li associano etnicamente. Tutti sono maranza se si vestono in un certo modo, si atteggiano in un certo modo. Ha sostituito in parte il termine Truzzo, Tamarro, Coatto.
Questo termine mi fa tornare con la mente molto indietro nel tempo, dato che veniva regolarmente usato nelle riviste di videogiochi dei primi anni Novanta (tutte scritte e pubblicate a Milano) e io mi chiedevo che cosa volesse dire.