Verrà Peter Griffin e avrà i tuoi occhi
Come i video doppi con le sabbiette colorate stanno colonizzando la rete.
Ciao,
Io sono Vincenzo e questo è zio, il progetto internet italiano.
Come va? Tutto bene? Qui okeione: come ci siamo detti l’ultima volta è uscito il mio primo libro, “Sei vecchio” — il cugino secchione e un po’ romantico di questa newsletter.
Se ti va, lo trovi sul sito di nottetempo e sui vari store online (tipo IBS, MondadoriStore, Amazon). Se vuoi parlarne di persona, tieni d’occhio il mio profilo Instagram dove prendo nota delle varie presentazioni in giro per l’Italia.
Detto ciò: c’è qualcosa di cui volevo parlarti da tempo. Ipercontemporanea come una poke a base di sferette di bubble tea e pistacchio di Bronte, conturbante come un oscuro presagio.
Cominc.
Fare attenzione
L’altro giorno sono passato dall’aeroporto di Malpensa. Passeggiando tra autisti con in mano degli schermi coi cognomi, e viaggiatori che si fanno ancora incartare le valigie con la pellicola trasparente, mi sono accorto dell’esistenza di questa specie di stand, un finto baracchino aderente alla parete — largo forse un metro e alto quanto una persona.
Al suo interno, da dentro uno schermo, una donna continuava ad agitare le braccia per attirare la mia attenzione e a indicare con le dita — più o meno all’altezza del ventre — il sito e il numero al quale rivolgersi per ricevere maggiori informazioni.
Ho immaginato subito si trattasse di una specie di nuovo super espediente video-pubblicitario: per catturare i nostri sguardi, distoglierli dai telefoni, e portarli nel mondo reale — dove una semplice numero verde per l’assistenza clienti, a quanto pare, deve farsi largo a spallate tra migliaia di input per essere notato.
E ci ho visto in qualche modo uno dei possibili futuri della comunicazione: un terreno nuovo e più ibrido su cui consumare contenuti e segnalare messaggi, in cui bisogna fare letteralmente le capriole per farci alzare la testa e dedicare più di qualche secondo a qualcosa.
D’altro canto, i dati sul cosiddetto attention span — ossia quella quantità di tempo e concentrazione che siamo in grado di dedicare a una sola attività — sono abbastanza indicativi ormai da tempo: già da anni si parla di contrazione di finestre temporali per intercettare l’interesse delle persone, e in rete si discute di “8 seconds window” da sfruttare al meglio per conquistare l’attenzione degli appartenenti alla cosiddetta Gen Z.
Un meccanismo tanto più influente adesso, in un momento in cui i social stanno virando dall’essere “reti di relazioni” a diventare piattaforme performative e di intrattenimento.
Pensiamo per esempio a TikTok e al suo famigerato algoritmo: un sistema basato sugli interessi espliciti e — in qualche modo — impliciti dell’utente, all’interno del quale ci verranno consigliati solo video che dovrebbero potenzialmente piacerci, in base a come abbiamo reagito a quelli precedenti — per quanto tempo li abbiamo consumati, i nostri like e commenti, eccetera.
Sul social di proprietà cinese, infatti, i contenuti vengono costantemente modellati e raffinati dagli utenti per tenerci in più possibile incollati alle loro produzioni: vale per quei filmati i cui secondi iniziali paiono volutamente accattivanti, e che promettono poi un contenuto spesso non all’altezza della parola data.
Ancora, vale per quelli che vengono accoppiati a canzoni particolarmente in voga, tenendomi volentieri sintonizzato a quel canale per ascoltarla. Oppure, vale per la più inaspettata e a tratti inquietante delle evoluzioni: quella del cosiddetto sludge content.
Modellare pongo
Da qualche tempo, infatti, su TikTok e non solo hanno cominciato a circolare clip verticali composte da due diversi video: uno sopra, che è in genere il contenuto principale, con audio. E uno sotto, silente, ma che è quello deputato a tenerti incollato su quella pagina per più tempo possibile se il primo dovesse fallire nella missione.
Mentre la parte in alto della schermata, dunque, può riprodurre uno stralcio di uno show tv qualsiasi, un monologo di qualcuno che cerca di convincerci a investire in criptovalute, o un passaggio di una partita di calcio, la parte in basso è in genere scollegata dal resto: ci puoi trovare partite di Temple Run, mani che impastano slime, taglierini che affettano docilmente delle saponette colorate, scene tratte da altri giochi per telefoni. Cerchi che s’incastrano perfettamente attorno a paletti. Soddisfacenti idropulitori in azione.
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Affascinante versione sludge di Twin Peaks.
“L’idea alla base di questi video è tenere l’utente per il bavero sovraccaricandolo di input e ragioni per non scrollare” scriveva qualche settimana fa Pietro Minto sulla sua newsletter Link Molto Belli, riportando la definizione che di questo format qualcuno ha cominciato a dare negli Stati Uniti — appunto sludge content — e rendendola in italiano con il melodiosissimo “contenuti melma”.
Di questi filmati si fa risalire la nascita tra fine 2022 e inizio 2023. Hanno prima cominciato a muoversi accoppiando scene tratte da videogame Minecraft, GTA o Fall Guys, fino a diventare un genere parodico su Instagram anche in Italia grazie a canali come “Vocali volanti”.
I contenuti di questo genere avrebbero finito poi per moltiplicarsi e per declinare qualsiasi tipo di messaggio, fino ad arrivare al paradossale caso in cui persino Greenpeace UK, attraverso l’account Instagram ufficiale, qualche settimana fa ha deciso di far propria questa tendenza contenutistica,accostando un discorso del segretario generale delle Nazioni Unite a scene tratte dal videogame Subway Surfers e a una mano che taglia delle polveri colorate con un coltello nero. Provocando reazioni sorprese e in qualche caso scomposte.
Come spiegava Sahif Shahin, Assistant Professor di Digital Culture dell’Università di Tilburg, nei Paesi Bassi, “TikTok starebbe consentendo alle persone di potersi distrarre sullo stesso schermo”, facendo compiere un inaspettato salto evolutivo alla sempre più diffusa tendenza del consumo dei media in double screen — per dire: come quando guardiamo la tv scrollando Instagram, o giochiamo alla Play ascoltando distrattamente anche un podcast su YouTube.
“Devi pensare alla cosa come a due canali TV, messi uno di fianco all’altro” scriveva infatti Kristin Snyder su Dot.LA in “Welcome To the World Of Ambient ‘Sludge’ Content”.
“Se l’ennesima clip dei Griffin ti stufa, in teoria, non avrai bisogno di scrollare verso il prossimo video: ti basterà semplicemente spostare il tuo sguardo in basso, verso i filmato con la gente che intaglia forme di Play-Doh” o cosparge della polvere colorata sopra un materiale viscoso per farne un melmone arcobaleno.
Finire nel tunnel dei Griffin
I Griffin, appunto.
Intendendo proprio la sitcom animata che andava in onda su ItaliaUno nei post pranzo degli anni Duemila, tra una puntata dei Simpson e una di Dragon Ball.
Sparita dalla circolazione per qualche tempo, The Family Guy (è il nome originale) è tornata a essere rilevante nell’universo dell’intrattenimento in rete per un inaspettato e inspiegabile allineamento di pianeti, che ne ha fatto la colonna portante di questi video doppi a prova di disattenzioni.
Nei primi tre mesi del 2023, infatti, varie clip estratte spesso in modo casuale dagli episodi della serie sono diventate il soggetto principale di questi famosi sludge content: accedendo alla propria pagina “Per te” di TikTok, infatti, ancora oggi ci si può facilmente imbattere in Stewie Griffin che complotta per dominare il mondo, sopra alla clip in cui qualcuno scompone del mango e del ghiaccio per farne una granita. O in estratti in cui Peter offende la figlia Meg per nessun motivo apparente, mentre sotto si susseguono scene tratte da un videogioco per iPhone.
Non raro caso di schermo diviso addirittura in tre parti.
Inizialmente nati — pare — per aggirare le violazioni di copyright, questi post in cui si accoppiano estratti dei Griffin e video visivamente appaganti hanno in qualche modo aderito perfettamente e fin da subito al funzionamento dell’algoritmo di TikTok, dove ogni secondo speso su un contenuto viene premiato.
Facendone così il prodotto giusto sul quale spendere il proprio tempo per almeno una delle due ragioni possibili, e lasciando addosso all’utente la voglia di cercarne ancora, assecondando l’impulso allo scrolling in cerca di una “ricompensa”.
Inoltre, come nota Cass Marshall su Polygon, la natura stessa della serie — con le sue battute fulminanti, controverse e spesso capaci di vivere a prescindere dall’arco narrativo della puntata per cui vengono scritte — ne fanno uno show “perfetto per essere scomposto in piccoli pezzi” sui social.
“Le scenette [ndt: l’originale è cutaway gags], in particolare, sembrano materiale già pronto per TikTok, dove ottengono decine di migliaia di like e milioni di visualizzazioni”. Molto più di serie affini come i Simpson, South Park o Futurama.
Giusto.
Il risultato è che stando a Google Trends, che ci permette di capire qual è l’attenzione attorno a una determinata chiave di ricerca sulla piattaforma, in questi primi mesi dell’anno l’interesse attorno a Family Guy sarebbe cresciuto a livelli vicini a quelli del gennaio 2015. Ossia quando la fama dello show, anche su Google, stava ormai concludendo il suo decennale ciclo di popolarità prima di una lunga irrilevanza.
Su TikTok, come riportato anche dall’autore e reporter Trung Phan nella sua newsletter, questo si è tradotto in un’impennata senza precedenti in termini di produzioni e visualizzazioni: solo a gennaio scorso l’hashtag #FamilyGuy contava già più di 60 miliardi di view, contro i 23 di #MrBeast (youtuber di cui abbiamo già parlato) e gli otto di #TheSimpsons.
Un oceano di contenuti a tema Griffin — almeno per metà dello schermo — pubblicati quotidianamente a ritmi vertiginosi, e da profili che il più delle volte sembrano essere dei bot ingegnerizzati per sistematizzare la produzione e inseguire una tendenza.
Ma adesso: momento personale. In maniera quasi casuale, anche la mia home di TikTok da qualche settimana è stata colonizzata da decine e decine di estratti di Family Guy, che a loro volta sormontano scene tratte da bruttissimi videogiochi in cui coltelli virtuali tagliano a metà delle matite virtuali.
A volte la successione di questi video è quasi infinita, ineluttabile: così opprimente che ti sembra di aver rotto l’algoritmo, di vivere in un glitch di sistema. O che tutti nel mondo stiano partecipando, per qualche ragione, a questa grande operazione-revival.
Ed è del tutto normale, pare. L’hanno chiamata “The Family Guy Pipeline” (o “Family Guy Overstimulation Videos”, o “Family Guy ADHD Videos”): una specie di tunnel dal quale sembra quasi non si riesca a uscire, e in cui TikTok continua a proporti lo stesso tipo di contenuto.
Come spiegato da Cecilia D’Anastasio su Bloomberg, il termine deriverebbe sia dalla netta sensazione di immergersi all’interno di un metaforico condotto fatto di peterelicotteri e battute rivedibili, sia dal fatto che spesso — nella parte inferiore dello schermo — appaiono letteralmente dei tubi. Riempiti poi da carote o sigarette. E poi cementati alle estremità.
Lo youtuber Savantics, qualche tempo fa, ha condotto un esperimento con un profilo ad hoc per capire in quanto tempo l’algoritmo avrebbe cominciato a proporgli la visione di uno di questi sludge content una volta fatto accesso alla piattaforma. Risultato: dopo averne visto uno, i suoi video consigliati si sarebbero poi riempiti di roba dei Griffin in soli trenta minuti. Come quando d’estate le zanzare ti invadono casa appena apri la finestra.
Sempre su Bloomberg, poi, D’Anastasio ha raccolto la testimonianza di uno dei proprietari dei profili che producono e condividono questo tipo di roba — se ti chiedi perché, dice che è anche per i soldi: ha ammesso di pubblicare fino a otto clip al giorno arrivando anche a dieci milioni di visualizzazioni, per poche ore di lavoro di montaggio alla settimana e un tempo speso sui video che arriva a una media di 40 secondi. Ossia otto volte più lunga della media generale su TikTok.
“Un minuto alla volta”
Da anni, se non decenni, si parla globalmente di riduzione dell’attention span — abbiamo visto. Si fa riferimento alla cosiddetta “battaglia per l’attenzione”, e si è arrivati a pensare — nel mondo dell’intrattenimento, così come nel marketing — che in rete bisogna catturare gli utenti il più velocemente possibile, offrendo un certo modello di contenuto da adattare di volta in volta ai cambiamenti delle varie piattaforme.
Ma in ragione di cosa? Può avere davvero successo uno standard come quello dei “contenuti melma” per veicolare messaggi?
Faccio un esempio. A inizio anno, alcuni video di Andrew Tate — celebrità di internet nota per la sua tossicità, il presunto e ostentato successo economico, e le perorazioni maschiliste — hanno cominciato a venire accompagnati, in basso, da scene di gioco di GTA. Rendendo le sua clip decisamente più virali, e allarmando ancora di più parte della comunità di internet preoccupata dalla circolazione di messaggi misogini e razzisti.
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In quel caso, come suggerito da più parti, il successo di questo enere di contenuto sarebbe anche stato facilitato dal senso di compimento nel vedere finire un livello di un videogame su uno schermo, mentre qualcun altro più sopra ti spiega come vincere al gioco della vita.
Ma è plausibile — dicevamo — pensare che a ogni view corrisponda un’adesione, la piena acquisizione di quel messaggio, l’effettiva penetrazione?
Secondo Betsi Grabe, dell’osservatorio sui social media creato dall’Indiana University, questi video sarebbero più che altro in grado di ipnotizzare — o meglio, di congelare — la sensibilità di chi guarda, rendendo “più facile che l’individuo ignori l’opinione dell’influencer, piuttosto che internalizzarla”.
Poi certo, stiamo parlando di una piattaforma che al momento — stando a dati fatti raccogliere da Sensor Tower — ci porterebbe a trascorrere sulle sue pagine una media di minuti tanto alta da raggiungere quelle di Facebook e Instagram messe insieme.
E che — in qualche modo — sta interpretando in maniera incredibilmente naturale questa volontà d’intrattenimento costante.
È qui sopra che trascorriamo una parte rilevantissima delle ore che dedichiamo alla rete, alla voglia di intrattenerci, lasciando che venga colonizzato “ogni secondo delle nostre giornate”, ogni minuto della nostra attenzione — come spiegava già nel 2019 il comico e autore Bo Burnham.
Ed è come se, dopo anni di teorie e dibattiti attorno al cosiddetto “overload informativo”, ovvero la sbornia da troppe news, stessimo entrando in un’era di sovraccarico da “intrattenimento”: una traiettoria ancora difficile da leggere con chiarezza, ma che ci restituisce quanto meno il sintomo — come spiega Jay Castello su Polygon — “di una popolazione che non è in grado di guardare una cosa per volta”.
E questo è tutto. Tu che dici? Parliamone: risp a questa mail, beccami su Instagram, su Twitter, su LinkedIn o su Telegram. O intercettami nelle prossime presentazioni di “Sei vecchio” (spoiler: ci vediamo prossimamente a Roma, Milano, Verona, Rovereto, Puglia, e via via).
A proposito di “Sei vecchio”: puoi leggerne e comprarlo qui sul sito di nottetempo, o IBS, Amazon e tutto il cucuzzaro di store online. Ma anche in libreria, alla fine.
Per il resto: qui trovi l’archivio con tutte le puntate di “zio”. Qui puoi supportarla economicamente. Qui il mio sito. E ciao!