Ciao,
Io sono Vincenzo e questa è zio, la newsletter ricca di informazioni sulle abitudini culturali della GenZ che vanta almeno un tentativo di imitazione.
Che si dice? Qui è arrivato l’autunno. L’altro giorno sono uscito di casa per la prima volta con giacca E mascherina. Ho potuto metterla in tasca. È stata una sensazione strana. Ormai la associavo al caldo — e alle pandemie globali. Booooh.
Comunque: nell’ultimo episodio abbiamo fatto un po’ i conti con la fisima giovanile per l’espressione “check”. Altre volte abbiamo smozzicato due dati o consolidato preoccupanti tendenze video. Oggi voglio farmi un viaggione tutto mio. Seguimi fino alla fine pls 🙏
Cos’è questa ossessione per il 2016?
Di nuovo ciao. Ecco l’argomento di oggi in due righe: da qualche tempo su YouTube e social vari — ma soprattutto su YouTube — si leggono commenti di questo genere:
Si trovano principalmente sotto video trap italiani degli ultimi mesi (la trap è il genere portante degli zoomer sia in Italia che all’estero, ma questo presumo tu lo sappia già, VERO?) e richiamano un’età aurea per la scena a quanto pare riconducibile al 2016.
La tesi di fondo è che il genere si sia corrotto col passare del tempo e l’avvicendarsi dei protagonisti, smarrendo la spinta e l’autenticità originarie.
Il 2016 (foto via “Frasi Trap”).
La cosa ha portato a una specie di piccolo moto nostalgico nei confronti di quel periodo — che, rammento velocemente, risale a QUATTRO anni fa — da parte di persone forse troppo giovani per potersi permettere di provare nostalgia per qualcosa (inserisco nel loop Christopher Edward Nolan che ci legge in copia).
Ma adesso facciamo un ragionamento insieme.
Perché proprio il 2016?
2015 e 2016 sono stati gli anni in cui sono arrivati i primi artisti e i primi piccoli successi di culto della trap italiana — più o meno in ritardo rispetto alle wave anglofone e francese, ma comunque appena in tempo per crescere e rimettersi al passo.
Qualche nome e qualche link:
“XDVR” di Sfera Ebbasta
La trilogia “dark” della Dark Polo Gang
Sono stati anni incredibili, per la musica in Italia. E uso impropriamente l’aggettivo “incredibili” non perché voglia dare un giudizio, ma perché raramente nell’industria discografica e nel mondo culturale italiano si sono visti spuntare quasi dal nulla decine di interpreti di un solo mega-genere, a ripetizione, con questa magnitudo. Praticamente quello che è stato il MoVimento 5 Stelle per la Seconda Repubblica ;)
Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Davide Casaleggio e Vito Crimi (2016)
Io ero già vicino alla trentina, quando è successo. Il mio lavoro mi ha portato spesso ad essere abbastanza contiguo a questo mondo. E me lo ricordo: in quei mesi avevi la percezione che qualcosa nel nostro modo di seguire la scena musicale stesse cambiando radicalmente.
E la cosa valeva tanto per noi — che fossimo curiosi, straniti o entusiasti — quanto per i più piccoli, per chi con quella musica ci stava proprio crescendo.
Io e Luis Sal in “Comizi d’amore”.
Per la prima volta in anni il concetto più generico di “cool”, di “musica da giovani” e di ribellione culturale diventava una cosa nuova: stava crescendo un’intera generazione svezzata dagli skrrr e dagli eskere, che poi era la stessa che stava imponendo contemporaneamente nuovi metodi di consumo multimediale (YouTube, Spotify e simili), nuovi codici linguistici e una nuova estetica.
Combo di tutto questo: letale.
Da dove nasce la nostalgia per il 2016?
Ma torniamo per un attimo al 2020 (scusa).
Andiamo in giro con le mascherine in tasca, esiste un video che si chiama “Diretta di Giuseppe Conte parodia trap”, e tutte le classifiche di tutti i canali di vendita e streaming sono letteralmente soggiogate da canzoni del genere.
Questo è Ernia: nel 2016 chissà cosa faceva, in questo momento sta lucidando dischi di platino.
Il generone trap — che nel 2016 trovava quindi il suo anno zero — è essenzialmente diventato il nuovo pop: i media mainstream hanno cercato di spiegarselo con documentari un po’ facepalm, gli artisti di musica leggera si cimentano con l’autotune per farsi un altro giro, e le radio commerciali trasmettono senza troppi imbarazzi canzoni che parlano di gang e bustine di bamba nelle tasche dei Moncler.
Com’era naturale aspettarsi, questo successo ha ovviamente alimentato una giostra di emuli e ispirato una generazione di potenziali artisti musicali: e quindi la scena si è un po’ evoluta — adeguandosi ai nuovi microtrend esteri e producendo nuovi protagonisti — e un po’ ha cominciato a ripetersi in modo derivativo, a volte quasi involontariamente comico.
In pratica, la trap italiana non è più la stessa di una volta.
(Immagine dell’autore)
Appunto: di recente capita sempre più spesso di imbattersi in commenti come “ridateci il 2016”, o “2016 anno migliore”, “2016 nostalgia” — come abbiamo visto sopra.
La cosa si è poi estesa a racchiudere un po’ di tutto, alimentando una specie di nostalgia per il 2016 in termini più generali. Che se ci pensi, produce un paio di paradossi abbastanza gustosi:
Come fanno dei teenager ad avere nostalgia per qualcosa?
Si può avere nostalgia di una cosa non troppo lontana nel tempo?
Boh ho cercato qualche risposta. Dimmi tu se ha senso.
Come si fa a provare nostalgia per il 2016?
Intanto ti metto qui un paio di fatti. Il primo e più ovvio: sicuramente avrai notato che il 300 percento circa delle ultime uscite cinematografiche richiama storie, saghe o personaggi di un passato abbastanza recente — solo negli ultimi mesi abbiamo avuto Re Leone, Aladdin, Men in Black, Charlie’s Angels, Mulan, Dumbo, e me ne sto scordando una sessantina.
Altro dato veloce: su TikTok l’hashtag #2000sthrowback ha un miliardo e mezzo di views. Si tratta di un richiamo generico agli anni 2000, ma ci dà già il polso di quanto buona parte di quest’ultima generazione stia cercando una propria particolarissima accezione alla parola “vintage” — che si tratti di abbigliamento, make up, film e serie tv.
L’esempio supremo in questo senso è Billie Eilish, che è un po’ la regina madre della GenZ, e che non fa altro che parlare continuamente di The Office — ossia di una serie uscita quando aveva 3/4 anni — e ne è tanto ossessionata da averne campionato un estratto.
“Se ne parla spesso in campus, ma ho capito da un po' che la GenZ è ossessionata da una nostalgia non solo per le proprie esperienze passate e caratterizzanti, ma anche per musica, film e trend nati molto prima che nascessimo e potessimo effettivamente ricordarcene”
Spiega Tyra Sweeting su The Hilltop, storico magazine degli studenti di Howard.
Che poi capiamoci: i giovani si impadroniscono da sempre, e in modo spesso improprio, di stili e tendenze del passato. La differenza è che a ‘sto giro parliamo della prima generazione nata e cresciuta con Internet — un coso che ci consente di “estetizzare, idealizzare” e feticizzare immagini del passato, come scrive Ella Faust in “How Gen Z Hears the Sirens of the Past”.
“Oggi la Rete fa sì che queste nostalgie possano essere percepite su scale ancora più grandi”, permettendoci “di scegliere cosa dei decenni passati ammiriamo, e cosa invece possiamo ignorare”.
Insomma è più facile provare nostalgia per qualcosa perché è più facile conoscerla e trovare il proprio falso, confortevole ricordo — anche se troppo fresco per essere pienamente tale.
Secondo una ricerca su territorio inglese si scopre infatti che il 26% dei ragazzi tra i 18 e i 34 anni dichiara di provare nostalgia per un periodo vicino al 2020 — percentuale che va poi a dimezzarsi col crescere dell’anagrafica.
Qui su AdvertisingWeek360 Helen Rose l’ha definita neo nostalgia, ossia il percepire affetto per un periodo “che è più recente di quanto generalmente indicato come lasso di tempo plausibile per parlare di nostalgia”.
Ma non solo. A quanto pare, sempre secondo la ricerca, la nostalgia potrebbe aver concretamente aiutato le persone a convivere con il lockdown: per il 44% degli intervistati avrebbe lenito con effimera felicità la cupezza del presente pandemico, per il 41% sarebbe stata un pensiero confortante, per il 31% addirittura una forma di relax.
“La nostalgia può diventare una forma di compensazione del disagio, per esempio, quando le persone provano un senso di inspiegabilità e discontinuità fra passato e presente”
Scriveva Tim Wildschut, professore di Social and Personality Psychology dell’Università di Southampton.
Un disagio che può provenire da un contesto anomalo (come quello generato dal Covid) o dalla convivenza con nuovi metodi di comunicazione (come questo bombolone carico di gioie, nozioni, frustrazioni, pessime notizie e condivisione di passioni comuni che chiamiamo Internet).
Come esempio qui ho scelto la pagina Instagram @glossberry, una delle tante specializzate in post nostalgici su stile e trend del 2015/2016.
Per un certo periodo ha spaccato, è finita su BuzzFeed, e la sua admin ne ha fatto praticamente un lavoro. Per lei la cosa ha funzionato perché “il 2015 è relatable per chiunque, non è così lontano da essere dimenticato”.
Che può essere, boh. La morale comunque è che probabilmente “non è che siamo più nostalgici, ma che siamo più esposti a cose che possono renderci tali,” scrivevano qui su Esquire. Io per esempio vorrei poter tornare a vivere sotto il tardo Governo Letta.
E con questo direi basta per oggi. Tu che dici? Sei d’accordo? Sei in disaccordo? Hai idee o consigli da darmi su zio? Risp a questa mail e facciamola finita.
Intanto ti lascio qui l’archivio con tutte le puntate e un paio di miei contatti: Instagram, Twitter, LinkedIn.
Salutoni, vado a giocare alla Play. Ciao!