Ciao,
Io sono Vincenzo e questa è zio, la newsletter — non il parente.
Allooooora? Come va? Non ci si sente da un po’ per motivi personali che non ho problemi a condividere: ho riposato.
In queste settimane sono stato in giro, ho visto cose e registrato un po’ di info e ispirazioni. Adesso però è quel momento dell’anno in cui tornano i programmi tv invernali, ricomincia la scuola, fa buio prima e ritorna anche la newsletter che cerca di spiegarti i consumi culturali della Generazione Z. Eccola qua.
Ci eravamo lasciati con un Pippo deforme che spaventava i giornali, un collettivo trap della Basilicata e Il Comunismo — sembra una vita fa 😢 Mi sembra giusto e razionale riprendere da uno dei tic più distintivi della Gen Z: le frasi con il “check” alla fine.
Vediamo dai.
Che cos’è il “check”?
Intanto diamoci subito una schiarita.
L’espressione “check” è tipica di alcuni video TikTok — e non solo — in cui l’autore mostra una serie di elementi rappresentativi di qualcosa, con l’intenzione di confermarne l’esistenza o lo status.
Ma vediamone subito un breve estratto.
Questa è la versione base, “Rich Boy Check”. Pare sia nato tutto un annetto fa grazie a video di questo tipo, in cui un utente particolarmente benestante mostra ai follower la propria ricchezza, elencando o mostrando tutti i pro e le caratteristiche tipiche della propria agiatezza (piscine, auto, vestiti) e anticipando questa carrellata con la frase “Hey yo, rich boy check”.
Cioè, è come dire: adesso vi faccio vedere tutte le cose che mi connotano come ricco, come se le stessimo spuntando da una lista. Sostanzialmente è un “Ricco starter pack”, ma con il “check” alla fine della frase e il “Minuetto” come sottofondo musicale.
Immagine dell’autore.
La formula si è evoluta abbastanza velocemente anche in Italia: prima per provare a definire cose diverse dalla riccanza — che ne so: mostrare pasta, pizza, nonne che cucinano e gesti con la mano per fare “Hey yo Italian check”.
Poi per cominciare ad assumere una connotazione ironica, e per fare da intro o da titolo prima di una storia da raccontare.
Clicca sull’immagine per vedere il video.
Comunque: la novità è che adesso la frase col “check” si usa anche nel linguaggio comune. E da meme che era, “check” ha cominciato ad assumere lo stesso valore del “che” come pronome esclamativo (prova a dire “Giornata di merda check!” al posto di “Che giornata di merda!” Vedi che funziona? VEDI?)
Per capire come ha fatto questo trend a prendersi tutte ‘ste confidenze e a finire nei messaggi WhatsApp dei vostri cugini di Vimercate, però, è necessario aprire una breve parentesi sul funzionamento stesso di TikTok. Apriamola.
Com’è nato questo “check”?
[Vincenzo scende da cavallo, lo accarezza dolcemente e parla guardando dritto in camera].
La gran parte dei meme di TikTok ha un elemento unico e distintivo: il fatto che il video ruota spesso attorno a un audio inserito nel proprio post ricondividendolo da quelli in tendenza, o dai post altrui.
Se non sono riuscito a spiegarmi dai un occhio a questi video infernali uno dopo l’altro.
In sostanza, diversamente da altre piattaforme, a diventare virale è molto spesso un audio — che sia un parlato di un utente o di un film, o lo spezzone di una canzone. Questo viene poi reinterpretato e ricontestualizzato in un nuovo video da un nuovo utente.
E quindi: per “Rich boy check” ad andare in trending è stata originariamente quella voce fuori campo seguita dal Minuetto, e riutilizzata da infinite altre persone per fare la stessa cosa — o il suo rovescio.
Poi a qualcuno è venuto in mente di registrarne uno simile in cui non si facesse necessariamente ostentazione di RAL e visure catastali, e tenendo per buono lo stesso saluto (“Hey yo”) e la stessa intonazione di voce del primo sono arrivati gli Nmila “qualcosa-check” nati dopo.
[Rimonta a cavallo nel crepuscolo]
Come sono questi “check”?
Cosa da sapere subito: il modo in cui la frase viene pronunciata è forse l’elemento che più definisce questo tipo di trend.
L’intonazione fa così: si parte bassi, nella seconda parte della frase la voce diventa più acuta, e sul “check” si ritorna a metà strada.
Non so descrivertela a parole. Ho provato a suonarla, e penso che su un pentagramma una frase tipo “settimana del Salone del Mobile check” si potrebbe trascrivere tipo così:
Clicca qui per farlo suonare. Mandami DM se ti servono gli accordi per chitarra.
Detto questo: ecco un elenco puntato di alcuni dei “check” in cui potresti imbatterti più di frequente.
I “check” sulle origini, in cui si gioca sugli stereotipi (“albanesi check”, “italo-americani check”, “mamme napoletane check”);
I “check” relazionali, in cui si descrive un proprio c o n g i u n t o o una situazione affettiva (“fidanzato geloso check”, “genitori separati check”, “famiglia sportiva check”);
I “check” in cui si mette in mostra una situazione di oggettivo vantaggio rispetto a qualcosa o qualcuno, o ci si bulla di una condizione di unicità (esempio super: il meta-meme “famous relative check” in cui si fa sfoggio del proprio parente famoso, o robe tipo “mamma parrucchiera check”);
I “check” su situazioni o varie condizioni in cui immedesimarsi (“curly hair check”, “coronavirus check”)
Per dirne alcuni. Poi ci sono i check sulle scuole. O attrezzatissime o cadenti. Quelli vanno fortissimo.
Perché dovrebbe interessarmi?
Perché è una parola realmente usata anche fuori dai social, persino senza formula-video o meme.
Poi: se cerchi l'hashtag “#check” su TikTok trovi più di UN MILIARDO di post. Ovviamente non tutti sono quel tipo di “check”, così come non tutti i “check” sono stati postati con questo hashtag. Ma era per darti un’idea vaghissima delle dimensioni.
Ultima cosa: raramente ho visto cose di questo tipo (chiamali “trend lessicali”, o “meme”, o “Fabio”) durare così a lungo.
E stop, ho detto tutto quello che dovevo dire.
Ri-ciao, questa è la parte di zio in cui ti saluto. Noi ci vediamo presto, ma se ti manco puoi rileggerti le vecchie puntate che trovi qui. Anche tu mi manchi. Risp sul mio.
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