Hackeriamo insieme l’istituzione scolastica
Se credevi di essere furbo al liceo, non sai ancora come copiano oggi.
Ciao,
Io sono Vincenzo e questa è zio, la newsletter sulle mode, le manie e i consumi culturali della Gen Z. Quanta formalità.
Intanto breaking news: oggi non ne parleremo, ma l’altro giorno c’è stato un concerto di Travis Scott su Fortnite — che è una cosa abbastanza “GenZ 2020”. È stato visto da 12 milioni di persone circa.
E quindi:
Se non sai chi sia Travis Scott, su Netflix trovi un documentario su di lui prodotto da: lui;
Se vuoi capire meglio che diavolo sia Fortnite, ne abbiamo parlato qui — è stata una delle prime puntate di zio. Piango.
Torniamo a noi. Come andiamo? Io ho comprato delle mascherine. Ora finalmente potrò non andarci da nessuna parte 👍🏻
Qualche giorno fa riflettevo tra me e me sul fatto che siamo in una situazione talmente universale che avremo tutti delle storie, dei ricordi, una visione condivisa degli eventi in cui rivederci, un giorno.
Se ci pensi c’è solo un altro vissuto di questo tipo su cui tutti abbiamo i nostri romanzi e le nostre piccole versioni — se escludiamo quella sera di Sanremo in cui Morgan ha fatto il matto: la s c u o l a.
“I wonder which rappers gonna perform on Animal Crossing after this” - Twitter
Un vissuto così condiviso che, quando poi parliamo della nostra esperienza, sembra quasi d’esser stati tutti compagni di classe di un gigantesco liceo diffuso — cosa che probabilmente sarebbe stata una figata ma anche un incubo terrificante.
Voglio dire: al di là delle dovute differenze, ci sono cose che valgono o sono valse più o meno per tutti a tutte le età: gli amori e gli odi, i trucchi per copiare, le ansie, i prof che ti prendevano di mira, la puzza. I panini. Quella volta che in gita è successo di tutto. Quando qualcuno ha riempito i locali del liceo di creolina per farli chiudere :’’’’’’)
Queste due cose epocali (la scuola e il corona) per alcuni stanno coincidendo temporalmente. E si dà il caso che queste persone siano proprio l’oggetto di studio di questa newsletter: gli z o o m e r.
Considera che quei matti degli americani stanno organizzando le prom night in conference call e stanno già scegliendo gli sfondi virtuali da usare, per dire. Questa settimana mi sembrava il caso di capire come se la stanno cavando gli studenti italiani. Giudica tu.
Come sta andando la scuola online?
Come sappiamo strabene, la vita scolastica dei ragazzi dell’anno zero del Covid è stata messa sottosopra dal fatto che le scuole, molto banalmente, sono chiuse.
Questa storia andrà quasi certamente avanti fino a giugno: e quindi si è trovato un mezzo modo per continuare a distanza attraverso l’uso di PC, tablet, e quei cosi infernali che hanno preso il posto della peer pressure sociale nelle nostre interazioni con gli altri: i vari Zoom e simili.
Ciao da noi
Per ora sembra di capire che le lezioni online siano un gran casino: le scuole vanno un po’ in ordine sparso, c’è il fatto che la digitalizzazione forzata rischia di “aumentare la differenza tra ricchi e poveri”, e c’è chi dice che — alla fine dei conti — non potrà mai essere la stessa cosa.
Se all’inizio comunque la chiusura delle scuole aveva innescato una comprensibile euforia — che sui social, come abbiamo visto, aveva partorito un’insana e degenerata fandom pro-Conte — adesso siamo arrivati a una fase di sostanziale new normal, qualsiasi cosa voglia dire “normal” nel bel mezzo di una pandemia 👍🏻👍🏻
Le lezioni online stanno funzionando esattamente come te le immagini: si crea una room su qualche app (Google Meet, MS Teams o quel che è), l’amministratore della chat (il prof) cerca di insegnarti delle cose su strumenti che talvolta non ha mai visto in vita sua, gli studenti sono tenuti a seguire da casa — e teoricamente mantenere la camera accesa come forma di controllo. Cerrrrrto.
Immagine dell’autore
Capiamoci: il mio grado preparazione sul tema è zero, ma mi sento di poter dire che questo momento nel mondo della scuola ci sono due fattori inediti e uno storico che si stanno combinando fra loro, allo stesso tempo e per la prima volta, generando effetti imprevedibili (o prevedibilissimi, valuta tu):
Il fatto che i ragazzi spesso sappiano usare i computer meglio dei prof;
Il fatto che si debbano seguire le lezioni da un posto (casa) pieno di alternative più attraenti delle spieghe sull’universo dottrinale e concettuale di Strabone;
Il fatto che quando vai a scuola, generalmente, non hai mai voglia di fare un cazzo.
Combo: letale.
E infatti in queste settimane TikTok si è riempito di video sul tema — e in particolare di tutorial, che sulla piattaforma sono una specie di sotto-categoria — pieni di piccoli trucchi per evitare di fare lezione o aiutare il prossimo a studiare il meno possibile.
Non mi sto riferendo solo alla TikToksfera (si può dire?) americana: ci sono moltissimi tutorial italiani. Di studenti italiani che fanno deragliare il sistema scolastico mentre ballano “Bando”. Scherzo.
Pare che questo sia stato il primo, o uno dei primi.
Adesso ti faccio vedere un po’ di hack che ‘sti giovani stanno mettendo in piedi per affrontare il dramma della scuola a distanza — se sei un prof: prego; se sei uno studente: no snitch.
Come fai a saltare lezione?
Non esiste un termine italiano condiviso per esprimere l’azione di “marinare” la scuola (quanto suona male?), e infatti ogni posto ha il suo modo per dirlo — da me è “tirare filone”, talvolta “allacciare”.
“Tirare filone” è un’arte secolare: una dote che puoi dominare e affinare, ma che ha bisogno di un livello di fiducia in se stessi col quale si può soltanto nascere. I più esperti lo fanno con naturalezza. Le tre volte che l’ho fatto io sono finito in shell shock.
Ma domanda: come fai a saltare scuola sotto quarantena? Risposta: così.
Il metodo zero è ovviamente sfumare dalla conversazione condivisa, per gradi: prima scollegando il microfono, poi la videocamera. Grazia e graziella.
Purtroppo non posso inserire i video, quindi devi cliccare sulle immagini per vedere.
Uno dei metodi-meme più condivisi e sfruttati in queste settimane, però, è utilizzare una propria foto in posa d’ascolto come sfondo nelle call, e poi coprire la videocamera con qualcosa. Spariti.
I più furbi suggeriscono di riprendersi in video mentre si finge di prendere appunti, e poi lasciare che sia il proprio doppio a fare la parte.
Metodo alternativo: utilizzare un altro computer da cui trasmettere l’immagine di sé, proattivo, mentre si torna a letto a ignorare le cose.
Cosa impo, tornare in tempo per i saluti finali — la parte migliore di tutte le call di queste settimane: la smitragliata di CIAO GRAZIE CIAOO A DOMANI CIAAO a fine chiamata.
Come funzionano le interrogazioni?
Questa settimana ho pensato di parlartene per due motivi.
Il primo è che queste guide stanno diventando virali. Il secondo è che mi sta venendo voglia di raccontarti i miei anni di liceo e sicuramente adesso vorresti farlo anche tu.
E quindi, parlando di interrogazioni, mi vengono in mente mille cose e seimila momenti in cui ho cercato di svoltarla con qualche furbata. Pensa che una volta sono riuscito a non farmi mai interrogare in matematica. Quella volta è durata cinque anni — ciao prof.
Adesso qualcuno sta incollando gli appunti sullo schermo e ai lati della videocamera, o nelle note del PC, facendo molta attenzione a coprirla con un pezzetto di scotch — così ti si vede ma non si capisce dove guardi.
Pare che i prof più sgamati stiano chiedendo prova del fatto che l’area di studio sia sgombra di bigliettini. Non funziona.
Un’altra cosa che potrebbe non funzionare è la connessione: un suggerimento, per esempio, è fingere di bloccarsi come si fosse in buffering — come quella tipa mentre sentiva Trump proporre iniezioni di disinfettante per ripulirsi dal corona.
Ultimo tip, mio preferito: c’è qualche altro prof fa chiudere gli occhi durante le interrogazioni (è anche un meme). Soluzione: farsi interrogare con le AirPods nelle orecchie, e collegarle a un altro device dal quale qualcuno ti sta suggerendo le risposte.
Scuola: hackerata.
Quindi i compiti sono sempre “a casa”?
Lol. Scusa, rido da solo.
Comunque: checché ne dica l’eminente user @iosononarcio, seguire la lezione, prendere appunti e fare i compiti dovrebbe essere La Base di qualsiasi esperienza scolastica.
La percentuale in cui queste tre cose possano essere portate a termine in modo efficiente da casa, però, è prossima al meno quaranta.
Altra escursione personale: quando andavo al liceo non c’era Internet. Cioè, sì: c’era, ma ce l’avevano i RICCHI.
Quindi grazie a loro, e ai computer della sala informatica, si poteva accedere al prezioso tesoro culturale contenuto nei siti con Le Versioni Già Tradotte.
Questa cosa non è cambiata — anzi, si è evoluta. Guarda qua quanti sono:
La coercizione domestica, tuttavia, ha stimolato all’iniziativa e all’innovazione parecchi studenti — alcuni dei quali si sono ritrovati a fare amicizia con ciò che si ha a casa, come le feature del proprio computer.
Esempio: qualcuno ha scoperto che si può ottenere la versione testuale della spiegazione dei professori alzando il volume e attivando la trascrizione audio.
Interessante.
Altra cosa: quegli inutili CD-ROM (ma che parola era??) dei libri d’inglese. Ora servono a trovare le risposte dei questionari.
Ci avevi mai pensato? Io no. Eppure ecco il mio diploma.
Cosa stai cercando di dire?
Faccio una riflessione a caso perché volevo infilare qualche pippone longform in inglese ma non ne ho trovati. In settimana ho fatto un intervento in un’altra newsletter e mi è venuto da dire una cosa.
Guardavo Instagram, coi nostri filtri che ti fanno diventare dei becchini ghanesi, i selfie con la conta dei giorni in isolamento, le dirette inestinguibili, e dietro ci vedevo i veri “noi”.
Nel senso: ora che siamo scarichelli, vestiti a caso, coi capelli alla cazzo, sembriamo tutti — finalmente — ciò che ci ostinavamo a fingere di non essere, ma che esizialmente siamo: una copia dei nostri genitori.
Siamo uguali a loro da giovani. Tutti. Solo che abbiamo un taglio diverso.
Soprattutto noi trentenni, che spesso abbiamo la stessa età in cui ci hanno concepiti. Lo so perché abbiamo postato le loro vecchie foto.
Ecco, non solo ora siamo così. Ora siamo molto più vicini ai nostri genitori che agli zoomer di cui ho appena parlato, anche se fino a pochi paragrafi fa — ricordando il liceo e persino l’ordine preciso dell’appello — non ci sembrava nemmeno passato così tanto tempo. È ufficiale. Bella.
È tutto. Io vado a tagliarmi i capelli da solo. Noi ci vediamo presto, ma possiamo comunque beccarci su Instagram, o Twitter, o rispondendoci a questa mail.
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Puntata super. A scuola nostra eravamo meno innovatori, ci limitavamo ai classici cilum in bagno e a saldare le serrature delle entrate dei plessi :/